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Titolo:Cosa rimane di noi

Autore:M.S.

Editore:Autopubblicato

Data pubblicazione:13 aprile 2015

 

TRAMA

Esiste l’inferno o è solo la realtà che viene creata dalle nostre paure?
Luca è un uomo distrutto che ha lasciato la polizia dopo una tragedia che ha colpito la sua famiglia.
Nicole, sua moglie, non esce più di casa, rinchiusa nel suo mondo.
Entrambi verso l’autodistruzione, non riescono nemmeno a guardasi in faccia.
Un uomo misterioso propone a Luca di riavere la sua vita, lui può aiutarlo. Ma a una condizione: “Devi ritrovare mio figlio”.
Per l’ex poliziotto inizia una vera discesa all’inferno: dovrà riprendere clandestinamente la sua attività di investigatore. Affrontare un mondo fatto di bambini scomparsi, persone marce, corrotte, spregevoli. Alla ricerca di quello che anche lui ha perso.
Unico obiettivo: poter rimettere insieme i pezzi di quelle vite distrutte.

 Qualche riflessione

E’ una storia struggente, di un’anima lacerata alla disperata ricerca di redenzione, che cerca di far tornare indietro il sole nella sua vita, a diradare il buio della disperazione. E’ un romanzo denso, amaro, intenso, come il protagonista Luca, che con il suo magnetismo attrae il lettore verso la terribile sofferenza che lo consuma. E’ un uomo vuoto dentro, non più un agente di polizia, il Cieco (soprannome dovuto al delicato incarico svolto brillantemente nella Polizia Postale e dato dal fidato collega “Bono”) è schiacciato dal senso di colpa e dalla disperazione, dopo una tragedia orribile che ha sconvolto la sua famiglia. In prepensionamento e in terapia forzata, mastica solitudine innaffiandola con la vodka per dimenticare…Perché è oppresso dallo sguardo spento e spiritato della moglie, distante, chiusa nel dolore. Annichilita dalla disperazione e prigioniera di una forma acuta di agorafobia. Smarrita in una foresta di fantasmi e pensieri, trova rifugio nei libri per bambini che scrive,cercando almeno lì un lieto fine.

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Il destino è crudele, beffardo e pronto a giocare con le loro esistenze. Così Luca è costretto a scrollarsi dal torpore della inettitudine e accettare la sfida lanciata dal misterioso Damerino, torna a lottare, se non a vivere quantomeno a combattere. Per sentire qualcosa, almeno il dolore. Perché un bambino di 8 anni scomparso è un ottimo incentivo, perché l’innocenza violata è un valido presupposto.
Un padre che ha perso un figlio che parla a un padre che ha smarrito una figlia da due anni e potrebbe sapere qualcosa. È una speranza, irragionevole ma irresistibile.
Così Cieco diventa Occhio.
E sprofonda nell’orrore del crimine più odioso,inghiottito in un silenzio senza tempo. Dove si ascoltano le preghiere silenziose delle vittime che gridano giustizia.
Occhio controlla la rabbia e lo sdegno e si cala nella realtà della violenza meschina, ignora la nausea di fronte alla perversione, alla bruttezza dell’animo umano che ti costringe seduto su una panchina per ore,davanti a un bicchiere o con un sigaro in bocca dopo che hai smesso di fumare.
Attraversa la Milano cattiva, estranea e intrigante dei milanesi puri e del perbenismo di chi si sente invaso da “stranieri”, spesso leggende effimere della criminalità come lo Slavo, in una metropoli dura, popolata da personaggi come l’informatore il Santo o la bella Audrey che cura le ferite del corpo con generosa premura.
O il magnaccia Spillo e il marcio del mondo della pedopornografia, sapientemente tratteggiato nella sua brutalità, la sfortunata Katia, l’inquietante glaciale e spettrale Pietra. Figure intense, dalla caratterizzazione puntuale.

Le pagine scorrono veloci, il cuore martella,a volte perde un battito.
L’autore ha scelto di rappresentare in modo crudo le storture del mondo, con una tecnica narrativa quasi cinematografica. Scrive per immagini vivid -un dialogo muto davanti al caffè e lo struggente desiderio che impregna l’aria, la cameretta chiusa a chiave da anni in atmosfere sospese, con la morte che aleggia nella casa…

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Siamo due alberi che non si toccano. E il vento.
Cosa posso fare? Non lo so. Tu non ci sei.
Odio questa situazione. Odio me stessa.
Ho visto andare via tuo padre. L’ho guardato dalla finestra e lui mi ha sorriso. Non lo so se fosse vero oppure se l’ho solo immaginato. Ma è stata una bella sensazione.
Ora un po’ spero. Non so perché. Ma spero.

Sono fermi immagine, come le lettere di una madre smarrita che anela l’oblio della mente. O la scazzottata con il Santo che rappresenta quanto di più vicino all’ amicizia ci possa essere tra spiriti ruvidi, che tentano di mettere un po’ di ordine in un mondo sbagliato.
E un tutto campo spietato, di fronte alla mercificazione, all’innocenza violata, di creature inermi e fiduciose.
O la solitudine di  due anime alla deriva che si sono amate profondamente:

 Abbiamo scoperto subito, quella sera, i nostri corpi. Io lo toccavo, lui mi toccava. A ogni tocco un brivido, una scoperta, una sensazione da pelle d’oca, dolce e intensa.”
“Come tutte le volte che abbiamo fatto l’amore. È così che sei arrivata tu. Come un brivido devastante.


Perfetta la descrizione del desiderio rabbioso per l’incomunicabilità, quando l’amore sopravvive, ma soffocato dal dolore e dal silenzio.

Si amavano ancora, ma non riuscivano a guardarsi negli occhi

Il ritmo è incalzante, la suspence abilmente alimentata fino al parossismo del dramma finale. Non c’è catarsi. Solo l’amara consapevolezza che la vita ha un suo “senso della giustizia”. E bisogna ricominciare ogni giorno, vacillando e barcollando. Malfermi, abbracciati a chi ci ama.

L’autore spoglia l’intreccio da ogni elemento superfluo, sfibra ogni dialogo per raggiungere l’essenziale delle sensazioni. Fino a lasciare scoperte le pieghe più nascoste dell’animo. Con una scrittura nervosa, indiscutibilmente affascinante, affronta un tema delicatissimo, in modo eccellente.

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Inspirò.
Luca l’aspettava. Come se volesse incoraggiarla.
Lei fece un nuovo passo e sentì l’aria che le avvolgeva il viso, frizzante, fresca. Bella.
Luc fece un cenno, un passo verso di lei.
Nicole lo fermò alzando una mano, senza dire nulla. Lui si immobilizzò.
Lei prese un lungo respiro, chiuse gli occhi, e corse verso di lui.
Veloce. Fino ad abbracciarlo.
Lo investì. Quasi caddero a terra.
Calore. Lacrime. Paura. Sentiva che anche lui stava provando quegli stessi sentimenti.
La stringeva. Senza paura di farle male.
«Niki… non…» le disse lui.
Lei gli appoggiò un dito sulla bocca: «Lo so, Luc…»”

Duro, spietato e bellissimo.
Le emozioni sono come carne viva pulsante.
L’epilogo è struggente, come una carezza sul cuore.

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Luca cercò qualcosa nelle tasche.
Lei attese.
Tirò fuori le conchiglie che aveva raccolto in mare quel maledetto giorno. Erano tre, grandi e colorate di blu e viola. Due erano sbeccate, dalle troppe volte che erano cadute o perché lui le aveva strette con forza. Una era sporca di sangue.”“Nicole ne prese una dalle mani di Luca. Si guardano, lei fece un sorriso.
Entrambi strinsero le conchiglie nelle mani.
I nuvoloni neri erano lontani.
Il sole, ormai splendente e fresco, lasciava passare il calore nonostante la brezza fredda e pungente.
Luca prese una rincorsa e lanciò le conchiglie nel mare. Inutile attendere. Doveva farlo subito. Non urlò, ma le osservò entrare in acqua, in silenzio.
Nicole prese una mano di Luca e la strinse. Si accovacciò sulla sabbia bagnata, lasciando che le piccole onde le bagnassero le gambe.
Mise l’altra mano nell’acqua gelida e lentamente la aprì, lasciando che un piccola onda portasse via la conchiglia.

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