Il brutto anatroccolo
“Dentro ognuno di noi giace uno splendido cigno”

Titolo:Il brutto anatroccolo

Autore:Hans Christian Andersen

Libro per ragazzi

 

 

 

 

 

Recensione

Care Dame, in questo giorno speciale ho scelto di parlare di questa fiaba che mi è cara fin da bambina. Il brutto anatroccolo (Den grimme ælling) è una fiaba danese di Hans Christian Andersen, pubblicata per la prima volta l’11 novembre 1843. È la toccante storia di un anatroccolo che fin dalla schiusura del proprio uovo, data la diversità nell’aspetto dai fratellini della nidiata, viene guardato con sospetto, preso in giro o nel migliore dei casi, compatito da tutti. I fratelli non riconoscendosi in lui lo lasciano indietro, la madre compatendolo si preoccupa per il suo grigio futuro e tutta la corte dell’aia lo osteggia apertamente e al tempo stesso si dispiace per la povera mamma anatra colpita da tale sventura. Il piccolo conosce la solitudine pur essendo circondato dagli altri, assapora l’amarezza sentendosi inadeguato e si considera un infausto dono per la propria famiglia.
«…Oh, che è quel brutto coso bigio laggiù! Non possiamo tollerare una simile bruttura!» E un’anatra gli piombò addosso, e lo beccò sul collo. «Lasciatelo stare,» disse la madre: «Non fa male a nessuno.» «Sì, ma è così grande e così diverso dagli altri,» disse l’anatra che l’aveva morso, «bisogna che le buschi.»
..povero anatroccolo era scacciato da tutti, e persino i suoi fratelli gli usavano mille sgarbi, e dicevano: «Magari il gatto t’ingoiasse una buona volta, brutto che sei!» E la madre sospirava: «Ah, se tu fossi lontano mille miglia!»
Un giorno, dopo tanta sopportazione e spinto dalla tristezza, sentendo il richiamo dell’acqua si tuffa, abbandonando l’aia. Il brutto anatroccolo vivrà avventure e attraverserà diverse peripezie, conoscendo altri animali e cercando sempre disperatamente un senso di appartenenza ed accettazione.
E l’anatroccolo se ne andò. Si tuffò nell’acqua, nuotò; ma per la sua bruttezza tutte le bestie lo scansavano.
Con il trascorrere del tempo e giunta la Primavera, proprio quando si era rassegnato a vivere la sua brutta unicità, il suo sguardo è catturato da un terzetto di splendidi e candidi cigni e con grande stupore, specchiandosi nelle chiare acque, si scopre identico a loro….ed è finalmente se stesso.
..chinò il capo verso lo specchio d’acqua aspettando la morte… Ma che cosa vide mai nell’acqua chiara? Vide sotto di sé la propria immagine; e non l’immagine d’un brutto uccello tozzo e grigiastro, orribile a vedersi; ma quella di un candido cigno.
Questa preziosa fiaba è un’arguta metafora perché nella vita chiunque può sentirsi un brutto anatroccolo e soffrire anelando al consenso e all’accettazione altrui. Specialmente nei bambini la visione di ciò che può essere ascritto alla normalità può essere alterato dalla consuetudine e spesso manca della sensibilità di poter comprendere che il concetto stesso di “normalità” è di per sé soggettivo e non deve essere mai discriminante verso gli altri. La simbologia utilizzata da Andersen è sempre sapiente ed incisiva nonostante le sue fiabe siano generalmente riconosciute per bambini. Nel brutto anatroccolo un aspetto diverso diviene riscatto quando esso permette di sfuggire alla morte
«Dio sia ringraziato!» sospirò quello: «Sono tanto brutto che nemmeno il cane vuol mangiarmi!»
E il sopraggiungere della Primavera, diviene rinascita come le ali che si spiegano candide al tramonto.
Venne una magnifica primavera e il brutto anatroccolo poté spiegare di nuovo le ali, ch’erano divenute più forti e ora lo reggevano molto meglio.
Gli insegnamenti di questa fiaba, ahimè attualissima, sono preziosi; ognuno deve avere autostima ed accettarsi per ciò che è e non permettere agli altri di farsi sentire inadeguato. Non dobbiamo mai perdere la speranza né la fiducia in noi stessi e negli altri. Si deve apprendere dalle esperienze negative e dalle sofferenze provate cercando di non infliggerle mai agli altri.
E gli altri bambini tutti contenti….Buttavano pane e biscotti nell’acqua e tutti dicevano: “Il nuovo è il più bello di tutti, così giovane, così maestoso…” ed i cigni più vecchi s’inchinavano dinanzi a lui. La timidezza lo prese: divenne tutto vergognoso e nascose il capo sotto l’ala…non sapeva cosa provava…si sentiva sin troppo beato…ma nient’affatto superbo, perché il cuore buono non è mai superbo.

E cosa più importante: dobbiamo insegnare tutto ciò ai nostri figli, affinché né loro né nessun altro possa mai più sentirsi un brutto anatroccolo, ma sia invece consapevole che in ogni persona giace uno splendido cigno pronto a spiccare il volo. I bambini sono il simbolo dell’innocenza e lo specchio del nostro futuro, è nostra responsabilità che esso sia all’insegna dell’amore, della comprensione, del rispetto reciproco e della solidarietà.
Mary

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