Il dolore è la strada che porta all’amore

È una donna, non più una bambina, e solo lui può aiutarla
Britannia, 61 d.C. Le orde di Boudicca hanno invaso la pianura. Animata da un devastante desiderio di vendetta, la regina guerriera ha realizzato l’impossibile: unire tutte le tribù britanniche contro l’invasore romano.
Ad assistere alla devastazione c’è un uomo. Osserva gli edifici in fiamme, aspira l’odore degli incendi, ascolta le grida disperate delle vittime. Impotente, solo, ha quasi dimenticato il suo vero nome ma non la missione che gli ha affidato l’imperatore cui deve fedeltà. Nessuno potrà fermarlo perché il destino di molti, forse anche quello dell’Impero, è nelle sue mani.
La sua determinazione è però destinata a scontrarsi con un’ombra dal passato che potrà mettere in discussione la sua stessa identità. La ricordava bambina ma adesso è una donna e ha bisogno della forza, della lealtà e del valore di un soldato romano. Valeria, la figlia di Marco Quinto Valerio Rufo, ha un nuovo, pericoloso incarico per lui.


Avrebbe potuto concludere in semplicità con una storia di passione travolgente in uno scenario grandioso, tocchi epici e grandiosità di stile.

Avrebbe potuto vincere a mani basse con qualche siparietto delizioso di una figura carismatica e amata come Rufo, l’uomo di Roma, nella sua nobile virilità, geloso del proprio futuro genero.

Avrebbe potuto accontentarsi di un eroe ultra virile e magnetico affiancato da una protagonista tosta, come quelle che abbiamo imparato a conoscere nei romanzi della serie, per renderci entusiasti.

Avrebbe potuto accontentare le aspettative del pubblico con una storia bella, solida, come ha fatto in questi anni con una saga ineguagliabile per fascino, armonia e potenza narrativa.

Ha scelto l’asprezza di scenari sconosciuti e austeri.

Ha scelto l’amore maturo e violento.

Ha scelto una eroina piegata dal destino e un predatore indecifrabile.

Ha scelto la coerenza stilistica, ha scelto con coraggio autorale la lealtà nei confronti dei suoi personaggi, così da non tradire la fiducia dei lettori per permetterci di salutare nel modo più grandioso, emozionante, la prezioso saga di Roma Caput Mundi.

Avrete momenti in cui l’immaginazione vagherà tra scenari grandiosi, sterminate distese di infinita bellezza, boschi misteriosi e un mare rabbioso e urlante che si infrange su rocce brune e frastagliate.

Avrete l’emozione più vivida e bruciante del dolore e della rabbia, della disperazione e del desiderio.

Avrete una donna, una madre, una figlia, una romana.

Avrete la fine, la conclusione del cerchio, l’epilogo come soluzione.

Personaggi ormai vecchi amici, conosciuti e amati, irresistibili e brillanti più che mai.

Con Figlia di Roma lasciamo le comunità cittadine dell’Impero, ricche e oziose, intessute di raffinata cultura, ci allontaniamo dall’Urbe oro e avorio sul finire della dinastia giulio-claudia, cantiere della Nova Urbs di Nerone, guitto commuovente e sfuggente stratega politico, per la Britannia, lontana e ostile, estranea e barbara. Barbara nel senso di fiera indomita alienità.

Cambiano i colori, mutano i suoni. Oscuri e arcaici.

Qui Valeria, figlia del nobile Rufo, soldato e campione di Roma, senatore dell’Impero e della bellissima, saggia e generosa Livia, in pochi istanti vedrà crollare la sua vita. Sotto i colpi della razzia, tra le fiamme della distruzione, nel sangue della vendetta. Via, come la cenere che resta sulla nuda terra. Non fumi di pire o di sacrifici agli dei olimpi, quanto segni di oscuri riti di sangue.

Sangue versato si lava col sangue da bere.

Violenza chiama violenza come furia e devastazione cieca.

Umiliazione chiede ammenda.

Vendetta è sorda a Giustizia.

Così divampa la ribellione di Budicca, regina degli Iceni, ultima amazzone, come ricordata dalle parole dello storico Cassio Dione, che tra il 60 e il 61 d.C. raccoglie sotto il suo carro, come una dea vendicatrice, masse informi di ribelli che anelano alla libertà, oppressi e feriti nell’ orgoglio dal pugno di Roma. Il “deserto chiamato pace”, come Tacito amaramente ricorda nel discorso del comandante britannico Calgaco, dando una lucida e drammatica definizione del militarismo espansionista romano. Esaltando la fierezza di un popolo che solo il suocero Agricola saprà “tenere”. Sotto le seduzioni della civiltà dell’humanitas si spegne ogni ricordo della passata libertà, qualsiasi memoria identitaria e comunitaria rischia di essere soffocato. L’onta, l’errore. E i ribelli levano le armi contro Roma.

…brucia il legno, la terra, le vesti, i capelli.

Brucia anche la carne.

In quelle fiamme, in quel fumo, Valeria vedeva l’impronta degli dèi crudeli

Brucia Camulodunum, la colonia romana principale simbolo culturale dell’occupazione romana in Britannia, dove Claudio aveva accettato la resa dei re locali nel 43 d.C e sede del culto imperiale. Trema Londinium, minacciata dai ribelli che avanzano, Verulamium a ferro e fuoco. Svetonio Paolino, egida di Roma, è pronto a sedare la rivolta con una brutale repressione.

La Britannia doveva essere domata proprio come il cielo, il mare e i selvaggi che l’abitavano che si erano schierati minacciosi sulla spiaggia ricoperta di alghe…

Valeria matrona, libera, moglie e madre diventa prigioniera, schiava, vedova e sola.

Alla mercé di un uomo. Un predatore, nient’altro.

Un attimo che si dilatò nell’eternità quando lei intercettò quell’occhiata. A Valeria si mozzò il respiro, consapevole che tra lei e il Lupo fosse passato qualcosa, l’istante in cui la preda riconosce il proprio predatore e ha la percezione della fine.

Provò quasi rassegnazione davanti al destino che l’attendeva.

Smarrita, sola, perduta. Roma non abbandona i suoi figli. Roma è madre, Tellus e Rumia, divinità antica protettrice dei bambini e degli agnelli. Aeternitas. Destinata per diritto, in quanto erede di Troia e di Enea discendente dall’africano Atlante, a un dominio universale

Massimo Valerio Messalla rabbrividì, anche il principe germano Raganhar di Gerlach, compagno d’armi e di vita di Messalla, fu scosso da un tremito.

La testa di Rufo era ancora china sulla seconda lettera; la prima, destinata a Nerone direttamente dal governatore della Britannia…

Valeria Rufilla è figlia di Roma e Roma non dimentica i suoi figli.

Come riparo alla ferocia vendicativa ha solo un estraneo, pericoloso, letale.

Il guerriero e il lupo sembravano insensibili, onnipresenti, ebbri di sangue e rabbia.

Valeria era atterrita e affascinata, incapace di muoversi eppure conscia che poteva essere il momento propizio per fuggire.

Come se avesse conosciuto un mondo migliore e sapesse di averlo perso per sempre…si contrasse d’angoscia: provò una strana sensazione, un’immagine si materializzò nella sua mente, ma non ebbe il tempo di analizzarla che era già svanita.

Valeria deve sopravvivere. E deve continuare a lottare per ritrovare suo figlio, perciò l’ unica alternativa è fidarsi, affidarsi, consegnarsi a un guerriero sconosciuto, a un uomo pericoloso dal magnetismo indiscutibile e dalla forza oscura. Pericoloso, imprevedibile, dalla volontà imperscrutabile. Un uomo che conosce quella terra ostile e affascinante, selvaggia e aspra come lui, dalla fierezza indomita

«Mi chiedi di tradire il mio popolo, di rinunciare a te in cambio di una promessa e di rischiare la vita per trovare tuo figlio.»

Un predatore pericoloso e attraente allo stesso tempo. Libero e imprevedibile come un lupo, eppure l’uomo meno libero di tutti. Solo lui può proteggerla e custodirla, solo lui può accompagnarla in una missione senza speranza mentre confida in Roma e aspetta i campioni di Roma

«In ciò che avete fatto non vi è né giustizia né bene, solo il male assoluto» replicò feroce.

«Il problema dell’oltrepassare i confini, Valeria, è che se ne oltrepassi tanti dimentichi dove sono e li perdi di vista.»

«Io li vedo benissimo e sono sicura che anche tu faresti le stesse cose che vorrei farei io.»

La presa sul polso si fece più salda.

«Tu non sei me» le disse a voce molto bassa. «Non voglio che tu sia me. Nella mia vita io ho fatto cose… cose che vanno oltre i confini.»

«Adesso ti lascio andare, ma ricordati sempre questo momento. Il momento in cui tutta la vita ti passa davanti, il momento che precede la morte.»

L’intensità quasi feroce dei suoi sguardi ombrosi, delle sue parole, dei suoi gesti e del suo coraggio gli riecheggiavano ancora nella mente.

In una terra senza confini oltrepassare il limite tra giusto e sbagliato, civile e barbaro, lecito illecito è molto facile perché i confini sono mobili e i limiti labili, non sono termini invalicabili ma sfide alla propria volontà, alla propria forza eroica di resistenza

«Puoi rispondermi con qualche frase più articolata? Sto cercando di fare conversazione.»

«Per conoscere meglio il nemico?»

Valeria cercò con lo sguardo un sasso abbastanza grande per picchiarglielo in testa.

«Me lo ha insegnato mio padre» gli rispose seccata.

«Tuo padre è un uomo saggio, però non ti ha spiegato una cosa essenziale.»

«Che cosa?»

«Non fraternizzare con il nemico.»

Il nemico è diventato alleato, il traditore è diventato informatore, l’aguzzino è diventato protettore. Tutta se stessa nelle sue mani, la ragione della sua vita nelle mani di un uomo solo, disperatamente certa della sua lealtà. Un paradosso in una terra senza confini dove si può sperare l’insperato, perché quando i confini si fanno labili saltano

Che senso aveva avuto risvegliare la bestia dormiente che anelava a quella donna e al suo profumo, la bestia che avrebbe dato una parte di sé pur di riconsegnarle l’unico, vero amore di una donna, suo figlio?

Valeria credeva che sarebbe stato la sua salvezza.

Nell’egoismo tutto maschile l’avrebbe volentieri trascinata nelle profondità della sua passione carnale.

Era questo il pensiero più doloroso di tutti.

I campioni di Roma si troveranno ad affrontare, affiancare e seguire il Lupo. Un unico intento, una unica missione. Una donna al comando, l’amore di una madre come motore inarrestabile. Valeria è dea tra le Grandi madri, è una sacerdotessa del più antico amore, regina e domina, è figlia di Roma. Roma non si può tradire.

«Davvero mi capisci, Rufo?» replicò con acredine. «Ciò che ho visto a Camulodunum non potrò dimenticarlo, così come quello che non ho potuto fare per salvare quella gente.»

«Tu non devi salvare i singoli ma lo spirito di Roma, affin-ché coloro che sono morti non lo siano invano. Lo fai perché i vivi possano tornare e ricostruire, ricominciare. Come ho detto a Valeria, non siamo immortali, e per questo la nostra vita deve essere un servizio d’onore e disciplina per la patria. Tu rappresenti entrambi.»

«Forse per i tuoi amici non è così, tantomeno per tua figlia.»

«I miei amici sono anche i tuoi, questo lo hai sempre saputo» replicò Rufo cercandone lo sguardo. «E se non ci fossi stato tu non avrei più una figlia, di questo sono consapevole. Pure lei lo sa, anche se in questo momento preferisce ignorarlo.»

«Già» disse lui con amarezza. «Io sono il lupo che ha sbranato le pecore.»

«Il lupo che ha difeso il gregge e l’aiuterà a ritrovare l’agnello perduto, se gli dèi saranno misericordiosi e concederanno la loro benevolenza.»

«Sai anche tu che è un’impresa impossibile.»

Sotto questi auspici, tra presagi nefasti, unica luce a brillare è quella del legame eterno e misterioso, il vero mistero ancestrale: il perpetuarsi della vita. Se il destino unisce le esistenze con un filo rosso, il ciclo della vita è un cerchio infinito in cui passato e presente, inizio e fine, vita e morte sono connessi in un unico sentire, che è il perpetuarsi della vita

Lui annuì, eppure non la lasciava, era ancora vicinissimo. «L’ultima notte per piangere» mormorò, e Valeria si accorse che il suo palmo si spostava per avvolgerle la nuca e avvicinarla a sé.

Si oppose solo per un momento.

Metallo fuso… Come aveva potuto pensare che quegli occhi di lupo fossero freddi?

C’era molto dentro quello sguardo, la potenza delle nubi che solcano i cieli, il potere del metallo che toglie la vita, la solidità delle rocce, il colore del mare d’inverno.

Valeria sentì che il respiro le si bloccava in gola e le mani, prive di controllo, si sollevarono sul suo petto per afferrare la stoffa blu della tunica che indossava.

Si aggrappò, fu scossa da un singhiozzo, poi da un altro.

Lupo la strinse mentre lei sprofondava la faccia contro la sua spalla. La strinse contro il proprio corpo e la tenne così, semplicemente, mentre piangeva.

«Tuo figlio ha bisogno di te, tu hai bisogno di tuo figlio. Se rinunci adesso, lo rimpiangerai per il resto della tua vita.»

«Chi sei per dirmi questo?»

«Sono l’uomo che ti ha salvata.» Le afferrò le braccia con delicatezza e la fece girare su se stessa.

Non bastano i campioni.

Serviranno gli eroi.

Rufo soldato di Roma, padre di Roma, onesto e sincero nel suo mondo di doveri e affetti, un mix irresistibile di rigore e passione, di sacrificio e lealtà, custode del mos maiorum, colonna della integrità e della identità di Roma, con i suoi occhi ossidiana, in cui arde una volontà ferrea ed una saggezza antica, quasi fosse l’austero guardiano della giustizia. L’irrequieto magnetico leone Messalla, dalla tenebrosa sensualità, sornione e maestoso come era il suo Antares, uomo dalla passione a stento trattenuta. Il coraggioso bellissimo Aquilato dal carisma granitico, Raganhar eroe ammaccato e umanissimo, un nuovo Ercole, principe germano e barbaro di Roma, coraggioso e saggio, beffardo e affascinante. Lo Strepitoso incontenibile Tassus, in grandissima forma.

Eppure non basterà, servirà il sacrificio.

…una foglia di betulla, una di ontano e una di sorbo…

Servirà il Sacrificio supremo, rinunciare a tutto.

Così come la lama di una spada, se fusa dal fabbro, torna a essere ferro e a uccidere ancora. Tu sei questo, tu sei un eroe, il mio eroe

La carezza scivolò sul collo, salì sui capelli arruffati, andò sulla fronte e seguì la linea delle sopracciglia aggrottate; sfiorò le palpebre che si chiusero per un attimo privandola del luccichio crudele che aveva imparato a non temere.

Amore farà il suo miracolo, l’amore salvifico, che dà senso alla vita e che trasforma, l’amore che è più forte della morte. L’amore per la patria e l’amore che è devozione, che sa aspettare e rinnovarsi, promettendo eternità come un foedus, un patto sacro e inviolabile

…era il suo spirito, il coraggio, la risolutezza e il sorriso che lo avevano affascinato. Nel dolore l’aveva amata, nonostante quell’amore mettesse a repentaglio il suo dovere.

Un amore nato per caso, non previsto, non cercato, germogliato dentro di lui con la potenza di un fulmine che si schianta su un albero e lo brucia completamente fino alle radici.

 

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Se Boudicca con la sua lancia e il fuoco nei capelli è l’ultima amazzone, Valeria è domina con lhasta pura della sua integrità e del suo eroismo, come una vestale o meglio come l’immagine di Roma Tellusmadre, Aeternitas. Come Cerere che vaga sulla terra in cerca di Proserpina. Gli dei sono lontani, il Fato si fa beffe degli uomini e la Verità è opposta al mondo come ricordano i druidi. Restano gli eroi, gli uomini. Così questa autrice rinnova la magia innanzitutto con il suo talento più spiccato che dona autorevolezza ad ogni testo cioè l’effetto di realtà, la capacità di restituirci una delle grandi abilità o delle grandi fortune di un vero autore: il racconto del gesto. Saper narrare ogni istante, restituendo la sensazione di esserne partecipe: mentre scorrono le pagine coglierete l’attimo esatto in cui leggendo si perde il contatto con la realtà per essere totalmente avvolti, totalmente incantati e rapiti dalla storia. Protagonisti che si animano e nel prendere vita lasciano ombre lunghe e scure, per poi regalarci momenti di luce improvvisa con squarci di umanità, poiché sono figure fortemente chiaroscurali che vibrano tra le pagine per le emozioni e per la capacità di Adele di tratteggiare in modo così nitido e credibile nelle loro passioni e negli slanci vitali figure che appartengono a spazi e tempi lontani, che improvvisamente si ripopolano e si rianimano per restituirci la loro storia, all’interno della Grande Storia. Vibrano di vita a tal punto da stagliarsi in modo inconfondibile su uno sfondo storico tratteggiato in modo eccellente, che non è solo una quinta scenica ma coprotagonista a tal punto da animare la pagina, nel ripopolarsi di voci, di colori e suoni, di sapori e illusioni, gemiti e sospiri, grida e preghiere, sogni e ideali. Tutto ciò che rende l’uomo persona, persona nel mondo dell’antica Roma. Uomini e donne con le loro fragilità e con i loro talenti, con vizi e virtù, che combattono e ci coinvolgono in modo totalizzante perché si fanno portatori di emozioni universali ma che hanno la particolarità di essere profondamente legati al contesto storico – culturale cui appartengono. Ogni capitolo di questa saga ci consente di riappropriarci di un mondo che sembra perduto e lontano, vivendolo nella lettura e nella riproduzione dell’immaginario di Adele, così brilla preziosa ogni storia nella Storia, scrollandosi la polvere del tempo. Il gesto raccontato e narrato non è convenzionale ma un momento vissuto, è un momento che viene spiegato e raccontato e acquista un significato letterario perché i personaggi devono essere fedeli a se stessi e alla narrazione, devono rispondere alla legge dell’autore, perché l’autore sa tutto del proprio personaggio. Così il lettore mentre vive la storia di questi protagonisti ha l’impressione di conoscerli intimamente e profondamente, ogni tanto è attratto da qualche scintilla che balena nella lettura e coglie il senso di una scelta. Uno sguardo ad uno specchio d’acqua all’alba di Roma. Una carezza mancata ad un lupo solitario. Una corona intrecciata ai piedi di un albero. Un’iscrizione su un pugnale.

Eppure Adele non si è accontentata. Non ha scelto la via più facile, attesa.

Conoscere il luogo per un’ambientazione seria e credibile significa restituire il contesto storico – culturale in cui narrare le vicende, qualità imprescindibile in un genere letterario come quello scelto. Questa saga ha qualcosa in più perché l’autrice ha creato una vera e propria geografia letteraria. Soprattutto in questo volume infatti i luoghi sono protagonisti della vicenda narrata. Un romanzo non è un racconto di fatti, non è un resoconto, non è un commentario. Queste scintille di verità (storica e letteraria) rischiarano la complessità di un mondo nei ripetuti, continui, sprazzi di luce dei gesti e dei momenti narrati. Figlia di Roma diventa un viaggio, un percorso.

Ci ha portato lontano, dove tutto è più difficile, estremo, sofferto, autentico. Dove solo l’amore vero può sopravvivere.

Il dolore porta all’amore.

Una donna come protagonista. Si accentua il rilievo dato alle figure femminili in questa serie che si conclude con la Figlia di Roma: Lupa e Lupo. Valeria incarna l’anima di una civiltà. Adele Vieri Castellano restituisce sangue e corpo, spazza via la patina del tempo senza intaccare la maestosità solenne dei secoli. I personaggi respirano sulle pagine, si amano, soffrono e pregano, si sacrificano e gioiscono. Combattono. Lontani dalla Roma di epoca giulio-claudia ma portatori dell’ideale di humanitas: dignità umana, empatia, riconoscersi simili perché uomini. Ogni parola, ogni gesto, ogni brivido di questi personaggi testimonia l’appartenenza a Roma in modo compiuto e verosimile tanto da renderli vivi, da restituire loro pensieri ed emozioni, scelte comprensibili solo in quel contesto storico – culturale. Valori, paure, illusioni ed aspirazioni che sono credibili e diventano reali perché appartengono ad ogni uomo ma sono tremendamente affascinanti se riprodotte in quel momento. Una storia di uomini e donne con i loro sogni e con le loro ambizioni, con le loro esistenze che si intrecciano mirabilmente alla Grande storia, fatta di miseria e fama, eventi. I destini incontrano la Fortuna che gira una ruota impazzita e lancia in aria dadi fin dall’infanzia dei protagonisti. Tutto è mirabilmente intrecciato, in un ordito fitto.

Adesso conosceva la verità: c’era un filo che teneva insieme la vita degli uomini

«Un uomo può attraversare il mondo solo un determinato numero di volte, poi quel mondo gli chiede un prezzo da pagare.»

«Un uomo può pagare a caro prezzo la sua esistenza, ma c’è sempre qualcuno disposto a camminare accanto a lui.»

La forza e l’energia di questi personaggi resta inesauribile perché i valori che incarnano sono eterni, audaci, degni di una vita coraggiosa. Sono uomini ed eroi virili per ciò in cui credono e per l’ambiente in cui si muovono. Le eroine sono incredibilmente fiere e determinate, perché devono lottare con una società patriarcale fortemente maschilista, contro le segregazioni e le rinunce, devono conquistarsi il loro spazio e il loro ruolo. La libertà, innanzitutto quella di amare e di essere se stesse della generosa saggia Livia, della modernissima idealista Ottavia, dell’indipendente e affascinante Giulia, della travolgente e irresistibile Isholde. E poi Valeria, figura femminile emblematica, caparbia e fiera, degna figlia di Rufo, figlioccia dell’Ispanico più scatenato che mai, catalizzatore dell’attenzione negli scambi più salaci vivaci e gustosi. Ritroviamo la complicità cameratesca e testosteronica, brillante e piacevolissima dei compagni di armi. Accanto ad essi si muovono figure interessanti e vivide che brillano per la personalizzazione dei personaggi, basti pensare ad un cameo del calibro di Nerone, tratteggiato con cura in alcuni passaggi decisivi, per restituire la complessità di un momento storico di magnificenza sovrumana, a ridosso del lungo “anno dei quattro imperatori” prima della “rifondazione dell’Impero” con Vespasiano e la pax armata. Non è solo un’atmosfera piacevolissima che avvolge ogni parola, ogni gesto, quanto piuttosto aria che i personaggi respirano.

Eppure Roma è lontana.

Vagheggia il ricordo del vociare nelle traverse della Suburra, dei profumi invitanti che chiamano dalle tabernae, dei sussurri nei tablinia in cui si trattano affari e i clientes portano omaggi, delle risate in un triclinio a gustare pietanze e pettegolezzi, delle confidenze tra matrone mentre si dedicano alla toeletta. Nel rimpianto si fa struggente il ricordo delle processioni che si snodano attraverso la città per raggiungere il Campo Marzio, per i sacrifici lustrali, con l’incenso che dalle are sale al cielo in muta preghiera solenne. Non ci sono atri affumicati ma mani che si sporcano di nera terra, perché il credo si fa atavico e ancestrale. Si chiede tutto, tutto si offre. Urgenza detta nuova legge anche ai rituali, la Necessità chiama gli elementi dell’Universo: terra, fuoco, aria e acqua. Ai marmi e alla frescura dei peristili si sostituiscono i fuochi degli accampamenti e il rigore delle tende. Al suono degli scudi un agghiacciante canto sconosciuto e barbarico. Solo un ricordo il vociare dei mercati e il tintinnare dei sesterzi, le risate argentine dei bambini che scappano dalla verga del maestro nei vicoletti del Foro, quelle sguaiate delle prostitute pronte a sgattaiolare tra le viuzze che si perdono in un labirinto  di taverne. Resta il silenzio della morte, dell’attesa e della maestosità sublime della Natura. Non cullerà lo sciabordio delle onde che si infrangono sulla chiglia di un bireme pronta a solcare il mare sulla rotta dei commerci, il brontolio sordo che si leva dalle terme, tra politica e ozio. Il mare non è il Mare Nostrum scintillante e brulicante di civiltà, è un mare rabbioso e periglioso. Tutto è più estremo, deciso, incalzante. Lontani i vapori e gli oli profumati, fichi mirra e mandorle, mentre in lontananza si levano al cielo fumi delle lucerne nei lupanari, l’odore intenso degli incensi che riempiono gli atri delle case mentre nei triclini e sulle terrazze estive si gustano cibi raffinati. Non ci sono simposi ma falò improvvisati tra confidenze e preghiere, si leva il calice alle stelle per celebrare la memoria di un compagno caduto. Alla melodia languida dei sistri non si sostuirà neanche la cadenza lugubre e marziale dei soldati in marcia, quanto le voci segrete e misteriose della foresta. Al fruscio di pepli o di passi furtivi nelle notti calde che restituiscono i profumi del mare, le tracce e gli odori di piste da inseguire, tra ululati e rugli, in braghe di tela e pelliccia, con i volti segnati dall’inquietante guado blu. Difficile cogliere tra sussurri di spie e movimenti lesti di sicari i gemiti degli amanti a riparo nei talami, il boato della folla che acclama i gladiatori, il silenzio solenne dei templi. La bellezza di Roma, di legno e marmo, è solo un ricordo. È l’ideale e la dea Roma. A cui tutto si sacrifica. Lontana eppure presente. Eppure, come dirà Elio Aristide, Roma è come la neve, tutto copre.

Figlia di Roma chiude un cerchio con un abile lancio di rune da parte dell’autrice, i protagonisti di tutta la Roma Caput Mundi si trovano a leggere il proiprio Wyrd (destino) come attori di esperienze imprescindibili, cui sono giunti, volenti o nolenti, e esperienze che hanno determinato con le loro scelte. 

Ogni pagina si carica di emozione, su più livelli: autore, narratore,  protagonista, lettore. È emozione, su emozione, a tutti i livelli. La magia di questo ultimo romanzo forse è proprio questa

E poi…sarà davvero l’ultimo?

Ci sono le storie.

E poi i romanzi.                         

Ci sono gli scrittori.                   

E poi i narratori, i narratori naturali.                               

Come rapsodi, come bardi che animano una storia facendola vibrare di emozione.                 

E questa volta è tanta.                   

Un atto di amore nei confronti di una saga indimenticabile, un congedo elegante che sa di lealtà, di onestà intellettuale, fedeltà ai propri lettori e dedizione al proprio universo creativo.                  

Una storia che è un romanzo e un’esperienza da condividere.

Unica.   

Saffron                                   

Una serie indimenticabile, irrinunciabile, inimitabile.

Godetevi gli scenari suggestivi e grandiosi, solleticheranno la vostra fantasia e il desiderio di avventura, con spontaneità e naturalezza, con la grazia di chi sa padroneggiare la materia in cui snodare un intreccio fitto ma lineare, avvincente ma non dispersivo.

Godetevi la forza, la passione, la grazia e l’eleganza di questa saga.

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