I delitti di Whitechapel
Guido Sgardoli e Massimo Polidoro
Mendicanti, marinai appena sbarcati al porto, ubriaconi, ladri. Questa è la gente che si aggira per i vicoli bui e maleodoranti dell’East End di Londra. Difficile uscire da quelle strade indenne. Impossibile se sei una donna e l’ora di Jack lo Squartatore è scoccata. Sybil Conway però è quanto di più lontano dal miserabile mondo di Whitechapel. È una giovane donna acculturata e benpensante, che abita fuori Londra insieme a sua zia Elizabeth. Conduce una vita monotona e semplice, priva di grandi emozioni. Fino al giorno in cui riceve un telegramma da Scotland Yard che le rivela che sua madre è la quarta vittima dello Squartatore. Davanti a una notizia così scioccante Sybil vorrebbe provare qualcosa ma… non è facile empatizzare con la donna che l’ha abbandonata da piccola, diventando una senzatetto, una prostituta da due soldi. Zia Elizabeth in effetti sostiene che se la sia cercata. Anche i giornali, in un certo senso. Come se lo Squartatore, con le sue vittime, stesse ripulendo le strade. Sybil però non è disposta ad accettare un pensiero solo perché è la convenzione. Intende scoprire lei stessa chi fosse sua madre e perché sia stata assassinata. Ma addentrarsi per le vie di Whitechapel non è mai saggio, soprattutto se la scia di sangue lasciata da Jack lo Squartatore è ancora fresca… Un romanzo misterioso e dalle tinte oscure, che catapulta nella Whitechapel di fine Ottocento, raccontando in modo inedito le donne di Jack lo Squartatore.
No, non è una ballata da forca in cui Amore danza con Morte.
No, non è un dispaccio di Scotland Yard dal numero 4 di Whitehall.
Non sono bottoni neri, uno di metallo piuttosto…lasciato lì, in terra al buio.
No, non è la storia di Jack lo Squartatore, tacchi a molla e assassino di prostitute.
Non è un ennesimo ritratto morboso che assume connotati leggendari e sfumature epiche. Troppo a lungo una prospettiva distorta ha incentrato l’attenzione sul mito di Jack, Jack l’inafferbaile, ora tuttavia, adottando una prospettiva dal basso o a volo d’uccello, quasi una sintesi della città o meglio delle civemde legate a quei pochi tragici mesi del 1888, con un taglio originale, risultato di una ricerca scrupolosa e una attenta documentazione il caso chiuso e case study per antonomasia diventa feconda materia narrativa.
I due autori, muovendosi tra letteratura e divulgazione, restituiscono ritratti femminili di donne dimenticate, spostando l’attenzione decisamente dal carnefice – eroe negativo – alle vittime – comparse evanescenti – troppo spesso relegate ai margini (della Storia, delle storie, della società) e dismesse, sotto la comoda etichetta di “prostitute”, grazie all’equivoco storico, come è stato definito, dei delitti dello Squartatore. Più che equivoco o disinformazione si tratta di mistificazione, se caliamo nel contesto storico culturale della Londra vittoriana le vicende di queste donne, condannate dalla propria condizione femminile a una vita di dipendenza e soggezione, fantasmi della società. Evanescenti nei focolari domestici o perdute nei vicoli di un marciapiede.
Queste sono le vittime di Jack lo Squartatore. Donne sole, fallen women, divorziate e vedove, in disgrazia, vittime dei rovesci del Destino e dell’ immobilismo sociale, segnate dalla vita. Con una voce, un cuore, una mente. Dimenticate.
Queste sono le protagoniste de I delitti di Whitechapel, che colorando le vicende con i tratti del romanzo, racconta tramite Sybil, figlia di Catherine “Kate” Eddowes, una delle vittime brutalmente uccise e seviziate, la storia di queste donne dimenticate.
«Tua madre è stata uccisa per la vita che aveva scelto di fare. Se vuoi, in un certo senso, se l’è voluta.»
…palazzi, enormi, imponenti, austeri, si alternavano a case fatiscenti e sovrappopolate, dalle cui porte si affacciavano bambini sporchi o donne invecchiate dal troppo lavoro e dalle privazioni. «Vite a buon mercato spese nell’attesa di qualcosa che non si realizzerà mai»
Londra crudele formicaio di vite, tra grigiore e polvere, fumo, frenesia e violenza. Proprio in quei vicoli sporchi la giovane protagonista cercherà , sfidando il perbenismo e la sua stessa famiglia, di ritrovare frammenti di verità e del suo passato. Una zia, un paio di logori guanti, qualche nuovo amico, un burbero sergente. Occhi nuovi.
Leech, canaglia affascinante, sarà la mano da afferrare nel buio e nel pericolo. Lì dove neanche la Polizia arriva, tra i sotterranei della miseria, serve qualcuno che li conosca, qualcuno che li viva.
Si tratta di inseguire l’inafferabile, sia un damerino, uno straniero, un marinaio, un folle fuggito dal manicomio, un barbiere, un mostro…abile nel maneggiare un rasoio.
Sybil sarà un fascio di luce gettata nei luoghi dimenticai, tra i reietti, per chiarire il mistero ma soprattutto per restituire umanità alle figure sessualizzate e annientate dal pregiudizio. I fantasmi delle donne della Londra di Ottocento, oppresse da un codice etico drammaticamente in conflitto con le strutture della Seconda Rivoluzione Industriale, con la piaga dello sfruttamento minorile e della prostituzione
Non credeva al destino o al fato o a quel genere di cose, ma qualcosa le diceva che doveva provare a conoscere Catherine Eddowes, provare a capirla, cercare risposte. A volte le risposte si evitavano per pigrizia. Più spesso per timore della verità.
Ma Sybil aveva sedici anni, era una donna. La verità non le faceva paura. Non più.
«Che c’è da capire? Non ne vale la pena.» Sybil rimase in silenzio.
Una Sibilla veramente, donna tra donne che si nascondono sotto una mantello logoro per potersi muovere e trovare un minimo di libertà. Hanno mani segnate dal lavoro e dalla fatica. Sybil è caparbia, acuta, ostinata e coraggiosa, tanto che questa giovane donna, schiacciata dal senso di colpa e dal rimorso, stimolata dalla curiosità e da un innato desiderio di affermazione, si troverà a indagare in modo scrupoloso sulla morte della propria madre.
Ma Sybil si sentiva diversa. Era diversa. Non ci stava a lasciar perdere. Lei voleva sapere, voleva la verità.
Sybil sogna forse di far muovere la sua mente agile come Auguste Dupin*, capace di risolvere enigmi e misteri, protagonista delle sue letture preferite, quelle dello scandaloso controverso Edgar Allan Poe (1809-1849); vuole andare oltre le pagine e pagine dei romanzi che le fanno scorrere il sangue veloce nelle vene e le regalano emozioni e evasione.
E poi c’è il senso di giustizia. E di colpa. O meglio di rimorso, forse rimpianto, per una vita da figlia che le hanno strappato. Restituirà dignità a quell’immagine evanescente, incompresa, troppo a lungo detestata.
Il mondo poteva essere feroce con le donne che reagivano. Ma lo era anche con quelle che si arrendevano. Era un mondo che spesso, se ti toccava in sorte di nascere donna, comunque andasse, ti prendeva a morsi e ti lasciava a terra sanguinante.
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Forti analogie col presente, in cui la figura femminile è calpestata, sessualizzata e disumanizzata, ridotta a condizione di oggetto e possesso con una facilità e con una frequenza sorprendente, basti pensare alle violenze, agli abusi, ai femminicidi. Non così lontani dall’atteggiamento di indifferente pregiudizio mostrato secoli fa on un contesto sociale e storico solo apparentemente lontano, quello delle vicende macabre dei delitti di Whitechapel.
Sulle tracce delle vittime si snoda il filone noir e il filo rosso della crescita della protagonista, quasi una sentinella che con la sua mente vigile rincorre la fantasia di indossare i panni di un detective ma si ritrova effettivamente a far luce non solo su un mistero ma soprattutto su tante vite lasciate nell’oblio da una società patriarcale, costretta in un rigido sistema classista e soffocata da uno stretto codice etico sociale in drammatica, ipocrita, contraddizione con la realtà.
Per chi ama lasciarsi trascinare dal mistero, per chi ama una storia scritta bene, per chi cerca una prospettiva e un taglio innovativo, originale, con una robusta documentazione.
Saffron
*Personaggio letterario, capostipite del moderno investigatore, protagonista di una serie di romanzi polizieschi dello scrittore statunitense The murders in the rue Morgue (1841; trad. it.1949), The purloined letter (1842), The mistery of Marie Roget (1842-43). Cfr.