TITOLO: I want you

AUTORE: Penelope Ward, Vi Keeland

EDITORE: Newton Compton Editori

DATA DI PUBBLICAZIONE: 27 settembre 2019

 

 

Salve, Dame!

Il duo formato da Penelope Ward e Vi Keeland è tornato! Contente? Io tantissimo!

Adoro il loro stile e le loro trame frizzanti, ma al contempo ricche di profondità.

Questa volta la loro collaborazione ha prodotto “I want you”, un contemporary romance in cui ci raccontano la storia di Bridget e Simon.

Pronte a saperne di più?

 

SINOSSI:

 

Cara Bridget,

ho deciso di scriverti perché non so come altro farti arrivare il mio messaggio. E così, eccomi qua. Non siamo fatti per stare insieme. Tu sei una mamma responsabile, con la testa sulle spalle. Io sono uno specializzando di passaggio, vivo nella tua dépendance e tornerò a casa in Inghilterra appena il tirocinio sarà terminato. Eppure… Per qualche dannato motivo, non riesco a smettere di pensarti. Ti desidero. E credo che anche per te sia lo stesso. Me lo dicono i tuoi occhi ogni volta che una delle mie battutine fastidiose ti coglie impreparata. La mia attrazione per te non è un gioco. Questa lettera è un promemoria per ricordarti che siamo adulti, che il sesso è una pratica salutare e, soprattutto, che puoi trovarmi a pochi passi dalla tua cucina. Inoltre, vorrei farti sapere che la mia porta sarà socchiusa, qualora decidessi di venire a trovarmi nel cuore della notte.

Chissà, prima o poi.

Da parte mia, niente domande.

Pensaci.
Simon

 

 

RECENSIONE

 

“Il più grande rischio è non correre rischi.”

 

Simon Hogue e Bridget Valentine sono due persone talmente simili fra loro da sembrare completamente diversi. Lui, il classico dongiovanni dallo sguardo assassino. Lei, che reprime giorno dopo giorno il suo essere donna per adempiere indefessa ai suoi compiti.

Hanno entrambi un bagaglio emozionale pieno di dolore, camminano passo dopo passo, giorno dopo giorno, senza aver mai tentato di superare ciò che li ha colpiti nell’animo.

Sopravvivono, così come fanno tutti coloro che hanno ricevuto belle batoste dalla vita. Ovvio, ridono, si divertono, respirano, ma nel loro cuore alberga sempre il dolore.

Perché? Perché fintanto che non trovi qualcuno o qualcosa per cui valga la pena ricominciare, non lo fai.

Dopo il loro primo rocambolesco incontro, complice un’amica comune, diventeranno coinquilini a loro insaputa; Simon sarà l’affittuario della dependance della casa di Bridget e… beh, anche il loro secondo incontro lascerà il segno.

 

“«Cosa ci fai qui?», ripetei la domanda.

«Ci vivo».

All’improvviso capii.

«sei tu Simon? Il migliore amico di Calliope?»

«Sì, e credimi, non avevo idea che questa fosse casa tua. Ti ha sempre chiamata Bridge, non Bridget, e non mi ha mai detto il tuo cognome, quindi ero davvero all’oscuro di tutto. Sono sconvolto quanto te».

«Allora come mai mi hai riconosciuto così in fretta? Non ti stavo nemmeno guardando».

«Eri accucciata per terra con il didietro all’aria. Lo riconoscerei tra mille».

Fui colta dall’imbarazzo. «Oh… davvero?»

«Il tuo derrière è inconfondibile, tesoro».”

 

Bridget è una giovane vedova che cerca di combinare il suo lavoro da infermiera con l’impegno gravoso di crescere da sola un bambino di otto anni. Vive una vita fatta di doveri e impegni, in cui da troppo tempo manca la scintilla. Insicura da morire sul suo aspetto fisico, sopprime la sua voglia di vivere affinché suo figlio non senta la sua mancanza, oltre quella del padre.

“Non ne ero sicura, ma in qualche modo mi sentivo felice, piena di speranza e, al contempo, terribilmente
triste.”

 

Ah, i sensi di colpa… che gran fardello. È come se ci fosse qualcosa di sbagliato nel tornare a vivere, non trovate? Ed è proprio quello che sente Bridget. Lei si censura, lei si imbriglia da sola in una vita priva di  –   perdonate il gioco di parole – vita. Come  se il solo provare emozioni fosse un torto verso suo marito, verso la sua morte. Tutto fila liscio, per i primi anni, almeno finché Simon Hogue non arriva a scombinare tutti i suoi piani.

 

“«A me piace fare sesso senza essere toccato prima».

«Ovviamente. Sei uomo».

«Che significa?»

«Impiegate meno… sai… a venire. A voi basta infilarlo in un buco e il gioco è fatto».

«Se fosse vero, sarei andato a casa con Miss Gattino, non credi?»

«Immagino di sì…»

«Anche a noi uomini servono i preliminari. Semplicemente io non ho bisogno di essere toccato».

«In che senso?»

«Per me è già un preliminare l’aspetto di una donna». Simon guardò il mio corpo. «Il modo in cui muove le labbra». Si soffermò sulla mia bocca. «Con la donna giusta posso fantasticare su come sarebbe avere quelle labbra sul mio corpo per l’intera durata di una cena. Persino in un ristorante affollato. E, a fine pasto, conclusi i preliminari, sono pronto per ciò che conta davvero».

Deglutii. «E che mi dici delle donne? Dei preliminari che piacciono a loro?»

«Con la persona giusta credo che anche a voi donne non serva molto». Mi guardò dritta negli occhi. «Se c’è chimica, se c’è una reciproca attrazione e i nostri sguardi si incrociano è meglio di qualsiasi preliminare fisico. La accompagno a casa. Nessuno dei due parla. La tensione cresce. E facciamo sesso un secondo dopo aver varcato la soglia, perché non possiamo più trattenerci».

 

Ecco Simon Hogue, in tutto il suo testosteronico clamore.

Sfacciato, dotato di una lingua irriverente, sa dove toccare per far saltare i nervi di Bridget. Sa dove pungolare per far cadere, pezzo dopo pezzo, la corazza costruita ad hoc. Però, come dicevamo, anche Simon ha il suo bel passato e, anche lui, si ritrova a dover patteggiare con i propri demoni per cercare di capire cosa fare.

Il suo passato inibisce il suo desiderio di amare e di essere amato, concedendogli solo amori di una notte, effimere frequentazioni che non lasciano mai il segno. Ovviamente, finché non incontra il derrière di Bridget Valentine.

 

“Ti sei mai reso conto che la parola “mai” ha le stesse lettere di “ami”? È buffo, perché gli ami mi hanno portato a dei “mai”.”

 

Due testardi che si auto impongono la non felicità, ecco chi sono Simon e Bridget.

Si vogliono, eccome se si vogliono, ma ciò che li ha feriti nel passato brilla sulle loro teste come monito per il futuro, portandoli addirittura a considerare una disgrazia il loro incontro. Sono ognuno il peggior incubo dell’altra: lei vede in lui gioia e felicità, mentre Simon considera Bridget come una donna da relazione, da cui lui fugge da sempre.

 

“«Neanch’io avevo previsto te».”

 

Capitano, l’uno nella vita dell’altra, andando a formare un intricato disegno di danza in cui, per ogni passo incerto che compiono per unirsi, ne fanno dieci di corsa per separarsi.

Uno slow burn ricco di speranza e di tensione sessuale, che li vedrà muoversi quasi alla cieca, pur di scappare all’unica soluzione che entrambi non vogliono vedere.

 

“«Non posso innamorarmi di lei».

«Perché no?»

«Perché non può accadere».

 

Le Autrici ci regalano quindi un’altra storia all’apparenza leggera, ma ricca di argomentazioni profonde. Dosano alla perfezione i momenti sereni e quelli riflessivi, senza quindi appesantire, ma dando al contempo giusta importanza ai pensieri dei protagonisti.

Nonostante tutto ciò, ho trovato questo libro leggermente sottotono rispetto a quelli già pubblicati dalla Ward e dalla Keeland e credo che questa mia personale percezione derivi da un approccio diverso all’ironia perché, a lettura conclusa, mi manca qualcosa.

Nei precedenti volumi firmati dalle Autrici le battute erano rapide, gli scambi giusti. Ho sempre trovato che il loro modo di introdurre le situazioni ironiche fosse perfetto e in grado di strapparmi finanche grosse risate. Qui, invece, ho riscontrato una sorta di forzatura sotto questo punto di vista, come se mancasse quel quid di tempistica e immediatezza a dare risalto a uno scambio scherzoso che, senza il giusto contorno, perde di brillantezza.

Consiglio questa storia a chi vuole passare ore spensierate, a chi ama le storie cariche di speranza e a chi ama sognare. Un unico avviso: correte a comprarvi un rossetto rosso.

 

“Le presi una mano e l’appoggiai sul mio petto nudo, facendola scivolare verso il basso sugli addominali.

«Lo senti? Ti appartiene. È così sbagliato? Forse, ma è tuo».”

 

 

Alla prossima,

Laura

STORIA

 

 

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