Buongiorno Dame e benvenute alla quinta tappa del Blogtour dedicato a BASTA UN ATTIMO, il nuovo romanzo di Michela Tilli, edito da Garzanti in uscita il 28 settembre 2017. Per l’occasione Laura Pellegrini ci parlerà in anteprima del romanzo raccontandoci le sue impressioni.Venite a leggere.

 

 

 

 

 

 

 

Titolo: BASTA UN ATTIMO

Autrice:MICHELA TILLI

Editore:Garzanti

Pubblicazione:27 settembre 2017

Genere:Narrativa contemporanea

Autoconclusivo

SINOSSI

Miriam è convinta che la donna che ha intravisto di sfuggita nel supermercato sia la sua vecchia amica Elena. Ne è sicura anche se sono anni che non la vede. Da quella tragica domenica che ha cambiato le loro vite. Niente è stato più come prima. L’amicizia che legava da sempre le due donne e i loro mariti si è spezzata per sempre. Ma ora Elena è tornata e cerca ogni giorno di avvicinarsi di più a Miriam e soprattutto a sua figlia Lucia. La ragazza non ha idea di chi sia eppure si sente inspiegabilmente attratta da questa donna venuta dal passato. Miriam è pronta a fare di tutto per difendere sua figlia. Anche confessare quella colpa che le grava da anni sul cuore.

RECENSIONE a cura di Laura Pellegrini

Immaginate di aprire le finestre del vostro appartamento, magari in una sera di ottobre mentre tenete tra le mani una tazza di tè. Immaginate di guardare la facciata del palazzo di fronte e di rimanere rapiti da una donna che se ne sta lì, ferma, a guardare un cielo che minaccia pioggia. Immaginate di scorgere il suo volto e di leggere in esso un dolore profondo, così radicato da piegarle i tratti tanto da incurvarle la bocca verso il basso. Immaginate poi un uomo dietro di lei che se ne sta seduto a tavola in silenzio a giocare con le molliche sparse sulla tavola da sparecchiare. Immaginate di vedere questa scena tutte le sere, sempre la stessa, per un tempo indefinito e di chiedervi cosa quella donna stia pensando osservando il cielo e perché non parli con l’uomo alle sue spalle. Ma mentre osservate tutte le sere questa scena, mentre nella vostra mente si alternano mille domande senza risposte, vorreste quasi tendere una mano a quella donna minuta, abbracciarla durante i suoi pianti silenziosi e schivi e farvi carico, se possibile, di una sofferenza a voi sconosciuta. Immaginate ora quattro amici, un giardino e le domeniche passate con le figlie a raccogliere fiori e ridere spensierati. Quattro amici che di colpo però diventano sconosciuti, simili ormai a vecchi ricordi ingialliti nella memoria di un tempo che passa troppo in fretta. Immaginate…

Leggendo questo romanzo ho avuto la netta sensazione di essere una spettatrice che dalla finestra ha osservato la vita degli altri. Ho guardato attraverso i vetri non sempre puliti delle anime di queste persone, il loro vivere scomodamente dentro panni a volte troppo stretti, pensieri troppo fastidiosi, ricordi dolorosi. Ho osservato i loro movimenti corti, le loro mani protese l’uno verso l’altro nella speranza di un incontro e i cuori nascondersi dietro paraventi fatti di paura e incertezza.

Questa è la storia di due famiglie, di un legame antico e atroce che nel dolore e nella privazione divide così come unisce indissolubilmente. È la storia di tre donne, di tre anime differentemente ferite, di tre bisogni così diversi da essere simili e di un solo comune denominatore: il bisogno di amore.

Questa è la storia di Miriam che ha preso una scelta difficile da compiere ma necessaria, di Elena che da quella scelta ne è uscita mozzata e priva del suo affetto più grande e di Lucia che diviene inconsapevolmente un mezzo di vendetta, uno strumento di ritorsione anche grazie alla sua immaturità di adolescente.

Erano state come sorelle in un tempo inaccessibile, e ora ciò che restava era uno strano legame animale, come l’istinto che mette la preda in allarme e il felino sulle sue tracce.

Miriam ed Elena sono come due sorelle divise da un evento, divise dalla consapevolezza che nulla tornerà come prima. Il tempo così si espande rendendo l’una per l’altra fantasmi nascosti sotto strati di negazioni, di verità taciute e opprimenti. Miriam ed Elena soffrono la stessa privazione, lo stesso dolore, chiudendosi entrambe in silenzi abissali, decomponendo il loro vivere, traducendolo in un dolore costante e continuo. Ma ciò che differenzia Miriam da Elena, è Lucia, che incarna la scelta che molti anni prima ha messo a dura prova Miriam, portandola successivamente verso una depressione latente.

Lucia era il filo sottile che la legava alla vita. Una vita che aveva perso ogni valore ormai.

Eppure, malgrado le ferite, i silenzi troppo spesso usati per nascondere vecchie immagini di una quasi seconda vita, quello spazio temporale che ha diviso e interrotto le risa di quelle domeniche, collassa. Si plasma, forzato da una volontà silente che rimargina apparentemente le ferite della lontananza, tendando di ricucire invano gli strappi di una quotidianità ormai volutamente dimenticata.

Elena rivede Miriam.

Elena così trova Lucia.

Lucia si lega inevitabilmente a Elena.

Gli oggetti non avevano spessore e avevano smesso di essere una preoccupazione, come il cibo che qualcuno le serviva sulla tavola apparecchiata. I soldi, un’enorme quantità di soldi, avevano reso tutto facile e indifferente. Elena portava con sé pochissime cose preziose, che stavano in una valigia anch’essa senza peso.

E se prima il legame di una colpa non condivisa unisce le due donne, adesso le scelte immature di Lucia le separano, una ragazzina che vede in Elena tutto ciò che non riesce ad avere nella madre, un riparo, un cuore grande che ama, una sicurezza, l’ascolto. Ma Elena è una donna distrutta, è l’ombra di una persona che non esiste più, incapace ormai di filtrare le sue debolezze, incapace persino di scegliere e nelle sue mani allungate verso la figura di Lucia, Miriam scorge un pericolo ben più grande della temporanea mancanza di dialogo tra lei e la figlia. Lucia si allontana gradatamente da Miriam, lasciando dietro di sé una madre afflitta non solo dalla colpa, ma anche dalla mancanza atroce della sua presenza. Miriam si sente vuota, il suo cuore non sa dove trovare rifugio e le sue mani divengono improvvisamente troppo piccole per toccare l’anima schiva della figlia.

Le venne voglia di farsi un tutt’uno con la pianta, sprofondare in un mondo senza coscienza, essere albero e nello stesso tempo terra e cielo attraverso le linee slanciate dei rami.

Il malessere era passato, disse, e le aveva lasciato una stanchezza profonda, come l’annunciarsi di una febbre.

Scritto in terza persona onnisciente questa è una storia raccontata quasi in un sussurro, ovattata da una neve caduta di fresco, dal freddo di una notte di dicembre, scura e a volte sfuggente come la notte. È un romanzo in bianco e nero dove i colori, come sprazzi improvvisi di vita, vengono dati in pennellate veloci dai ricordi vissuti in una campagna colorata e solare. È un romanzo ricco di suggestioni, essenziale, spoglio di artifici sensazionalistici. E nella sua trama così aderente alla realtà, mi ha ricordato il gusto vagamente patinato di alcune pellicole cinematografiche italiane, la cui traccia centrale è un concentrato di vita vera, di sensazione vissute, di italianità espressa in ogni singolo frammento, sporcata con una manata di polvere di gesso.

Ho apprezzato moltissimo lo stile dell’autrice, pulito e asciutto al punto giusto, eppure in alcuni punti mi sono sentita quasi un’estranea, la vicina di casa impicciona, quella che spia dalla porta il ritorno a casa dei dirimpettai. Mi sono sentita esterna alle emozioni più intime di questi personaggi. Avrei voluto forse capirli di più, entrare maggiormente nell’aspetto più intimistico del loro io e scoprirne i segreti, così come levare il velo che me li ha fatti sentire così distanti, ormai sicuri delle loro scelte. Avrei voluto aiutarli e nel farlo percepirli maggiormente, ma forse questo aspetto è stato frutto di una scelta narrativa dell’autrice. Ciò comunque non toglie che il romanzo sia in assoluto ben scritto, ben articolato e ben studiato. Una storia senza dubbio con più chiavi di lettura, quella dal punto di vista familiare, sia come coppia che come genitori, nonché come figli. Dal mio modesto parere farei leggere questo romanzo anche a tutti quei ragazzi in fase adolescenziale che non capiscono quanto amore li circondi, perché Basta un attimo per allontanarsi, ma Basta un attimo anche per ritrovarsi, se lo si vuole.

Alla prossima storia

Laura Pellegrini

STORIA

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