ESTRATTO
La gonna gocciolava sul pavimento e la mia pelle era gelida. Non tremavo per la paura. Ero infreddolita e triste, infinitamente triste.«Stai bagnando tutto il pavimento!»La sua voce era calma, ma con un’intonazione che non ammetteva repliche all’ordine implicito di andare a cambiarmi.Mia madre abbassò la testa e mi trascinò nella mia camera al piano di sopra, dove non mi fu permesso di riscaldarmi sotto la doccia, ma soltanto indossare abiti asciutti, perfettamente stirati, e acconciarmi i capelli in modo impeccabile.Quando scendemmo, mio padre era in salotto e stava sorseggiando il suo scotch liscio, misurato e di marca.Mia madre mi tenne al suo fianco mentre salutava mio padre, così come lui voleva fosse fatto.Io non ci riuscii. Non so che mi prese, ma tenni il capo chino e lo sguardo fisso sui miei piedi.«Perché è uscita conciandosi in quel modo?»Ovviamente con me nemmeno parlava. Il suo modus operandi era chiaro, lo era sempre stato: ferire la vittima attraverso la persona innocente a cui teneva.Mia madre, forse sapendo già cosa le aspettava, non rispose.Non seppi mai se ciò che la fermò dal dare quella che a me sembrava una semplice risposta fu la paura o la rassegnazione, sta di fatto che la mancatamotivazione scatenò l’ira di mio padre.Fu la prima e ultima volta che mi spaventò.Ci si abitua a tutto, con il tempo.La sua mano sulla guancia di mia madre fece un rumore assordante, lo stesso che si ode quando uno specchio cade a terra frantumandosi. Lo stessoche fece il mio cuore riducendosi in mille piccolissimi pezzi.Cristina Neri, la donna magnifica e quasi angelica, la mia mamma, cadde a terra. La udii e, solo quando finalmente alzai lo sguardo, la vidi tenersi laguancia con una mano e fissare il tappeto.Non ci fu altro frastuono, solo la voce di Mario Zago, l’uomo che non mi aveva voluta e mai mi avrebbe accettata, ma che avrei dovuto continuare a chiamare papà:
«Non deve ripetersi, Cristina. Se accade di nuovo dovrò prendere provvedimenti e smettere di esaudire i tuoi desideri. Lo sai che senza di me non sopravvivresti nemmeno un minuto e, ascolta bene, insegna a TUA figlia come ci si comporta. Non intendo ripetermi. Odio dovermi ripetere! Conosci le regole, falle rispettare o ti riterrò indegna di fare da genitore!»
Detto questo, tornò a sedersi sul divano con il suo bicchiere come se nulla fosse.Io non avevo più osato respirare.Mia madre si alzò e uscì in fretta dalla stanza portandomi in camera.«Ora stai qui, semmai più tardi ti porto qualcosa da mangiare. Non fare confusione e dormi.» Più che un ordine la sua era una supplica. Una richiesta che non pensai minimamente di rifiutare.Mi baciò la fronte e se ne andò chiudendo piano la porta.Feci appena in tempo a notare una goccia di sangue che le colava dal naso e la guancia rossa e gonfia.Non piangeva, anche se i suoi occhi lo facevano già senza lacrime.Rimasi ferma, lì dove mi lasciò, per un tempo che non saprei definire. Le lacrime scendevano silenziose e laceravano la mia tenera carne. Il ricordo della neve e del benessere provato venne rimpiazzato da un profondo disprezzo per me stessa e per la mia stupidaggine.Non avevo riflettuto, avevo solo desiderato andare a toccare quel manto bianco, sentire che rumore avrebbe fatto sotto le mie scarpe un tappeto di candidi fiocchi.Io non sapevo di aver compiuto un gesto che milioni di bambini come me erano soliti fare. Non sapevo che non era sbagliato. Non sapevo che era mio diritto essere felice. Ma, soprattutto, non sapevo che quel momento avrebbe segnato una svolta: la fine di una bambina, che bambina non lo era mai stata davvero. Sapevo solo che il mio nome era Anna Zago e che dovevo essere perfetta.
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