NON AVEVO PAURA DEI MOSTRI. Non ne ho mai avuta.
Non penso che tutti i mostri siano cattivi o malvagi, anzi. Penso abbiano una storia, e a me le storie piacciono più i qualsiasi altra cosa al mondo.
Autrice: Saffron A.Kent
Pubblicazione: 23 febbraio 2021
Editore: Hope edizioni
Autoconclusivo
RECENSIONE
Care Dame, oggi vi parlo di Gods & Monsters di Saffron A. Kent, autrice che debutta in Italia con un romanzo d’impatto, di quelli che scuotono la coscienza e metterà in discussione la capacità di non giudicare ed emettere giudizi.
Questa è la storia di Evie/Pixie e Abel, è la storia di una dolcissima sognatrice dodicenne, la principessina di Prophetstown in Iowa, e il bimbo mostro, il frutto del peccato, la progenie del demonio, il quattordicenne a cui nessuno deve rivolgere la parola, che nessuno deve avvicinare. Un ragazzo da odiare, figurarsi concedergli la propria amicizia.
Abel è appena arrivato in questa cittadina rurale, rimasto orfano e accolto dallo zio, da New York, città dove i genitori erano scappati quindici anni prima.
Marchiati a fuoco dal bigottismo della gente del luogo avevano fatto nascere Abel lontano da quei luoghi che avevano visto fiorire il loro amore, agli occhi di tutti un abominio.
Ci sono due cose che definiscono questa città: la nostra chiesa, … e la leggenda. La leggenda di David Adams e Delilah Evans.
David e Delilah non si sarebbero mai dovuti innamorare l’uno dell’altra, men che meno avrebbero dovuto avere un bambino insieme.
La relazione ha sconvolto tutti quando l’hanno scoperta. Era sbagliata e immorale e malata. E il bambino? La gente lo definiva un abominio.
La progenie del diavolo. Diceva che soltanto mostri potevano essere creati da un amore come quello di David e Delilah.
Il primo suo incontro, ancora frastornato, è con la piccola Evie, scalza e scarmigliata, che lo osserva curiosa e affascinata da quello sguardo scuro e arrabbiato, ma che si solleva in un ghigno, quasi un sorriso, alla sua vista.
Io sento i miei stessi respiri. Riesco perfino a sentire quelli rumorosi del giovane.
…in quel preciso istante, quando la mamma ha gridato il mio nome, il ragazzo ha fatto scattare lo sguardo verso di me e i nostri occhi si sono incontrati. Il mio tremore si ferma e io sento un’esplosione di calore dappertutto.
Il mio cuore comincia a battere molto veloce.
Il suo broncio è completamente sparito e le sue labbra si muovono un po’. Contorcendosi in un sorriso sghembo.
È in quel momento che Evie, ribattezzata da Abel Pixie, deciderà che anche andando contro tutti, sarà sua amica.
Evie sente, ascolta, vede come gli adulti trattano Abel, come lo hanno marchiato a fuoco come mostro, e vede e sente la solitudine, il dolore e la rabbia di Abel.
Tutti hanno notato il suo arrivo e lo stanno fissando, sussurrando cose su di lui, lanciando … occhiate piene di pregiudizio. Non riesco a immaginare come ci si debba sentire, ad essere fatti a pezzi e analizzati.
Essere sua amica è naturale e spontaneo, lenire la sua solitudine un conforto anche per lei, anche se tale gioia è offuscata dal doverla mantenere segreta.
“Tua mamma ti ammazzerà anche solo se lo guardi, lo sai, vero? Ma cosa più importante, bruceranno vivo lui perché sei la principessa della città.”
“…Quindi fagli un favore e stagli lontana.”
Tutto nel loro rapporto da quel momento e per sei lunghi anni sarà un segreto: la loro amicizia prima, la cotta dopo, gli sguardi, i sorrisi, gli abbracci, il primo bacio.
Nessuno deve sapere, nessuno deve avere il minimo sospetto che Abel ami Evie e che la ragazzina lo ricambi. Il terrore che possano dividerli li accompagna giorno dopo giorno e, giorno dopo giorno, alimenterà una rabbia ribollente che si trasformerà in rancore.
“Non sarà facile, Pixie. Ci renderanno le cose molto difficili.”
“…Posso essere tua amica?”
Pigia insieme le nostre fronti, con i nasi che quasi si scontrano. “Si, cazzo.”
Sentimenti che cresceranno a dismisura, invaderanno la loro anima portandoli a ripiegarsi su loro stessi, a dipendere l’uno dall’altro come l’aria per respirare.
I suoi occhi sono sempre su di me. Non importa dove siamo, … Se sono vicina, lui mi guarda.
È come se i nostri sensi fossero fusi.
La lontananza forzata è un cancro che li avvelena, ma la certezza di poter vivere in futuro la loro vita insieme gli dà la forza di aspettare: Evie deve diventare maggiorenne.
In questi sei lunghi anni di attesa la fantasia si scatena e Abel sostituisce Evie in carne e ossa con le immagini che i suoi ricordi gli fanno imprimere sulla carta oppure con le foto rubate che lui stesso gli scatta: Abel ama ritrarla, come ama fermare in una foto il tempo così da poterla ammirare.
…Abel disegna. Un giorno scopro che quasi tutti i disegni nel suo blocco ritraggono me.
Ma la sua vera passione non è disegnare, no. La vera passione di Abel Adams è la fotografia.
“Tu fermi il tempo. …”
“Forse fermerò il tempo adesso” sussurra, con il respiro caldo che mi soffia sulla pelle … “Perché adesso? Bisbiglio …
“Così non mi lasci mai.”
La sua fantasia da casta si scatena in una escalation senza freni dove l’erotismo lussurioso farà da padrone, ed ecco che comincia a immaginarla e ritrarla in pose discinte, erotiche e spinte. Una manifestazione della sua indole perversa e spiccatamente dominante.
È un amore ossessivo e possessivo quello che Abel nutre per Evie che non troverà nessuna opposizione nell’animo dolce di questa ragazza così innamorata, così incline a capire l’origine di questo tipo d’amore: il dolore e la solitudine. E allora gli concede tutta se stessa: anima, cuore e corpo.
La sua mano sale furtiva e mi stringe i capelli sciolti, tirando le ciocche. Fa male e io sibilo, ma lui non mi dà sollievo. Ho la sensazione che non possa. Non so come lo so, ma è così. Sta provando troppe cose e le sue emozioni stanno filtrando nelle azioni. Non l’ho mai visto così, … Così agitato e … e aggressivo. “Ti voglio Pixie. Ti voglio nella mia vita e se devo vendere tutto quel che possiedo, perfino l’anima, lo farò. … ti terrò con me, Evie.”
È un amore simbiotico il loro, dipendente, disperato che trova sfogo in una comunione dei corpi cruda, dura, sporca alimentata da una rabbia cocente che ribolle nelle vene, che offusca la ragione, che li porterà a fare delle scelte anticonvenzionali, una esasperazione delle loro fantasie.
…da adulta – da donna – ora capisco molto meglio i suoi bisogni. Capisco meglio me stessa. Qualcosa in me… questa urgenza di compiacerlo che è sempre stata lì. Mette radici, fiorisce. Mi rende sia debole che forte. Voglio nutrirlo, lenire il suo dolore, stringerlo forte al mio corpo e non andare mai via. Voglio dargli tutto. Voglio ubbidirgli perché mi da piacere. Sono stata ideata così. Per lui.
Quello che all’inizio pare essere una esacerbazione della loro lussuria e del loro erotismo, la necessità di mostrare al mondo il loro amore, il loro modo di amarsi come non lo avevano mai potuto esternare prima, pian piano sfocia in una sorta di priorità imprescindibile di dimostrare, a chi li ha fatti sentire indegni, di essere liberi di riacquisire il potere delle loro azioni e del loro destino, di sfogare il proprio odio e la rabbia attraverso immagini, immagini hard.
Voglio far male a loro, come loro hanno fatto male a noi.
Il cuore mi batte forte. Credo di aver forse trovato proprio quel che stavamo cercando. Ho trovato qualcosa che va al di là dell’intimità e finisce nel regno del rivoluzionario. Ho trovato uno sfogo per la nostra rabbia. Ho trovato la nostra ribellione.
Eravamo inermi. Ma adesso non lo siamo. Siamo liberi. Siamo i nostri dei. Possiamo fare tutto quello che vogliamo. Possiamo riprenderci quel potere, piegare le regole, far soffrire l’universo, finché non ci sentiremo meglio.
Ed ecco la caduta: si innesca come una sorta di dipendenza che altera i confini tra la fantasia e la realtà, la videocamera diventa l’occhio che osserva, il terzo incomodo nella loro vita reale, annullando di fatto tutta la spontaneità dei loro rapporti sessuali.
Evie e Abel stanno precipitando, una spirale distruttiva che li trascinerà a fondo?
“Non m’importa se è peccato.”
“Non è peccato. Nulla di quel che facciamo assieme è peccato per quanto sia anticonvenzionale o sbagliato per le altre persone, è giusto per noi.”
La telecamera. La spia rossa lampeggiante. È accesa. Sta registrando.
Leggere Gods & Monsters non è stato semplice in quanto non è facile spogliarsi dei nostri principi e della nostra educazione morale per poter vedere e sentire con l’anima dei due protagonisti. Per poter apprezzare questo romanzo bisogna necessariamente mettere da parte tutti i moralismi e i preconcetti, e affrontarlo come una tabula rasa, un foglio bianco, osservando, sentendo e percependo come loro due.
Perché è così facile per le persone odiare, ma non capire? Perché è così facile giudicare e trarre conclusioni, ma non prendersi un momento per ascoltare? Probabilmente perché hanno paura di accorgersi di quanto sono simili alle cose che odiano. Di quanto sono simili ai mostri di cui hanno così tanta dannata paura.
Li creiamo con le nostre mani e poi, puntiamo loro il dito contro.
Solo così capiremo Abel, roso dalla rabbia, ferito dal dolore, la sua solitudine reietto da tutti. La sua dipendenza da Evie, la sua indole lussuriosa e perversa.
Solo così capiremo Evie, la sua assoluta devozione e fiducia, il suo amore quasi sottomesso, la sua determinazione, la sua forza e la ribellione.
Solo così si potranno leggere le loro scelte e le conseguenze che ne deriveranno, il loro modo di vivere ed esternare il loro amore, la spregiudicatezza e la crudezza.
In caso contrario sin dalla prima riga ci ritroveremmo a Prophetstown insieme ai suoi abitanti col dito puntato contro il mostro e la ragazza che ha osato insozzare.
La lettura di testi così controversi, per i temi trattati, l’ambientazione e la caratterizzazione dei personaggi, mi porta a fare delle considerazioni sia soggettive che oggettive particolarmente accurate.
Se da un punto di vista soggettivo il plot costruito dall’autrice mi ha colpita favorevolmente, emozionata e coinvolta nella storia facendomi vivere appieno le emozioni, tutte, dei due protagonisti perfettamente caratterizzati per l’età e il vissuto personale, per ciò che concerne la valutazione oggettiva ho riscontrato delle manchevolezze sia nella traduzione che di conseguenza nell’editing del testo in italiano.
Durante la lettura ho potuto appurare l’utilizzo di alcuni termini che mal si adattano al contesto e all’argomento facendomi sorgere il dubbio di una errata traduzione che ha avuto conferma dopo la comparazione col testo in originale.
Mi riferisco al termine “durello” che ha tradotto “hard-on” che invece significa erezione, al termine “crema”, ripetuto decine di volte, che ha tradotto il termine “cream” che significa sperma in questo contesto.
Inoltre, l’uso errato di un regionalismo del settentrione, in particolare, per indicare una parte anatomica femminile.
Queste imperfezioni hanno inficiato e infastidito la mia lettura in quanto svalutano il romanzo, il cui contenuto invece è profondo e degno di rilevanza.
La profondità della narrazione ci mostra in maniera potente quanto e come il bigottismo, il moralismo e il fanatismo religioso come anche l’ipocrisia possano distruggere l’animo umano, portandolo spesso all’auto distruzione. Se non fosse per l’amore che, come àncora di salvezza, può tirare fuori dal baratro.
Alla luce di queste considerazioni non mi sento di valutare al massimo questo testo nella sua interezza, apprezzandone sicuramente il contenuto.
NON AVEVO PAURA DEI MOSTRI. Non ne ho mai avuta e mai ne avrò. Ho sempre pensato che ogni mostro avesse una storia, e a quanto pare, avevo ragione.
“Perché le leggende non muoiono. La nostra storia vivrà per sempre. Abel e la sua Pixie.”
Alla prossima,
Giusi
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