TITOLO: La corte di ali e rovina

AUTORE: Sarah J. Maas

EDITORE: Mondadori

DATA DI PUBBLICAZIONE: 17 settembre 2019

La serie:

La corte di ali e rovina
A Court of Frost and Starlight – novella inedita in Italia

 

Sono strana. Quando ho per le mani l’ultimo volume di una serie lo divoro, quasi affamata. Devo sapere come andrà a finire, devo capire in che modo le situazioni troveranno soluzione. Al contempo, però, so che ogni pagina che giro è un avvicinarsi all’addio. Con alcune serie è stato semplice, con altre davvero difficile. Con la serie di Sarah J. Maas? Beh, ho sfiorato la tragedia.
Ho vissuto le ansie, gli orrori della battaglia, i dilemmi interiori di Feyre. Tutto così vivido, così naturale da sembrare vero. E credetemi, ho dovuto aspettare qualche giorno prima di scrivere ciò che questa serie fantasy ha lasciato nel mio cuore. Ho dovuto far sedimentare le sensazioni, ho permesso al cervello di razionalizzare le emozioni provate nell’animo. Non è stato semplice, ma spero con tutto il cuore di riuscire a farvi comprendere ciò che ho provato.

SINOSSI:

Feyre è determinata a raccogliere il maggior numero di informazioni possibile sui piani di Tamlin e del Re di Hybern che minacciano di mettere Prythian in ginocchio. Per questo si è separata dall’uomo che ama e ha fatto ritorno alla Corte di Primavera. Ma per poter portare a termine il suo piano, dovrà tessere una fitta trama di inganni e tenere a bada il suo desiderio di vendetta. Sa bene, infatti, che un solo passo falso potrebbe condurre non soltanto alla sua rovina ma a quella di tutto il suo mondo. La ragazza sa anche che il Re di Hybern non si fermerà davanti a nulla, perciò, a mano a mano che la guerra si avvicina, dovrà decidere di chi fidarsi e cercare alleati nei posti più inaspettati.

RECENSIONE

“Continueremo a progettare il nostro futuro, guerra o meno. Io continuerò a pianificare il nostro futuro.”

Non vi nascondo che, prima di iniziare a scrivere questa recensione, ho riletto quelle dei primi due volumi della serie. Avevo bisogno di riprendere le fila del discorso dal primo libro, di rendermi conto con mano di cosa avessi ritenuto necessario condividere appena terminata la lettura di ogni parte. Mi sono quindi immedesimata di nuovo in Feyre, dall’inizio. Ho avuto fame. Ho cacciato, ho sbagliato mira. Ho viaggiato, dalla  mia casa paterna a Prythian, dalla miseria, dalla fame ai fasti della Corte di Primavera. Ho osservato di nuovo Tamlin, ho provato affetto per lui. Sono stata di nuovo vessata da Amarantha, l’ho sconfitta. Sono morta e risorta. Più forte, più bella. Da umana a Fae maggiore. Ho rivalutato Rhysand, me ne sono innamorata, l’ho sposato. Ho mutato la mia condizione da disperata e mortale donna a Signora Suprema della Corte della Notte. Ho lottato, ho amato. Ho pianto. Ho sofferto.

“Meritiamo di essere felici.”

Chi più di Feyre ha diritto di pronunciare parole simili?

D’altronde, solo chi tocca la disperazione più nera sa quanta speranza possa essere riposta in una frase, così significativa da far quasi male.

Solo chi ha solo problemi intorno, solo chi vede nero ha idea di quanta fiducia nel domani si debba riporre per arrivare anche solo a pronunciare queste quattro parole.

Quanta positività occorre per vedere comunque un baluginio di luce nelle tenebre?

Chi merita la felicità? Chi è che gestisce il nostro destino?

“Eravamo sopravvissuti.”

Feyre gestisce il suo. Pagina dopo pagina, libro dopo libro, vediamo questa piccola ragazzina mutare nell’animo e diventare una donna, una stratega, una comandante, di eserciti e di intenzioni. Feyre prende in mano le fila del destino suo e di chi ama e inizia a gestire gli eventi affinché i suoi affetti non debbanopiù soffrire, affinché non ci siano più oppressi. Affinché tutto si risolva nel migliore dei modi.

Affila le sue armi, affina i suoi poteri. Evolve, oscura chi ha davanti, si lascia amare e traccia il disegno del fato colorando, giorno dopo giorno, i disegni del suo futuro.

Accanto a lei, il suo amato Rhysand.

Ho adorato il prologo, in cui lui è il solo protagonista. La sua solitudine, il suo voler cercare i suoi amici nel campo di battaglia è l’indizio predominante per capire questo Signore Supremo, talmente tanto limpido da dover camuffare la sua luce per non porgere il fianco ai suoi nemici. Rhys, che affronta la morte e che ingoia dolore, lo fagocita per non farlo provare a chi ha intorno. Rhys, che sacrificherebbe la sua esistenza per una giusta causa.

“Mi chiesi se, invece di una graziosa canzone, la ninna nanna della morte fosse il ronzio delle mosche, e se mosche e larve fossero le sue ancelle.”

Quanto dolore e disincanto in un’osservazione così tragica? Quali abomini deve aver subito un uomo per affermare ciò?

Rhys ricomincia a vivere quando incontra Feyre, quando scopre il loro legame, ma è talmente tanto innamorato di questa Fae dal cuore umano da arrivare persino a pensare di lasciarla a Tamlin, se lei lo avesse desiderato. Ma lei vuole amare, lei vuole provare emozioni, lei vuole accanto colui che riscalda le sue notti e che irradia il suo cuore. Lei vuole Rhys.

Lei vede oltre l’immagine costruita, la maschera beffarda da guascone, lei sente la sua anima, in netto contrasto con gli atteggiamenti da depravato demonio alato. Lei lo ama e lui… lui la venera. La idolatra. La lascia vivere, lascia che Feyre sia Feyre.

“Restammo abbracciati in silenzio per alcuni minuti. Ore. Due anime intrecciate nell’oscurità.”

Dal primo al terzo volume la storia ha avuto una completa mutazione, sia interiore che di ambientazione. Una frase della recensione fatta per “La corte di rose e spine”, però, mi ha colpito. Avrei potuto scriverla anche per la recensione del secondo volume. E anche per questo terzo capitolo.

Un libro fantasy che basa la storyline su quello che, in realtà, muove il mondo reale: l’amore.

L’amore verso il proprio popolo, verso la propria famiglia, verso il proprio spirito incorrotto.

L’amore, che scioglie la durezza accumulata dopo anni di privazioni e doveri.

L’amore, che quasi spaventa dopo anni di odio.

L’amore, che fa ballare e ridere, che rende tutto colorato, che ti rende indomito.

Ed è vero.

La Maas, come unico filo conduttore, inneggia all’amore. Amore inteso come pietas, come compassione e rispetto. Feyre e Rhysandamano talmente tanto la giustizia, il loro territorio e il loro popolo da arrivare persino al sacrificio supremo pur di salvare anime innocenti. Il loro è un amore antico, fatto di mille sfaccettature, ognuna delle quali è comprimaria nella caratterizzazione del personaggio stesso.

Amano i loro amici, amano la loro casa, difendono questi sentimenti da qualsiasi pericolo, arrivando all’apice nel trasporto che li lega l’uno all’altra.

“I nostri occhi si erano incontrati, ero certa che anche lui ricordasse le parole che gli avevo sussurrato mesi prima. Che ogni più piccola parte del mio cuore ancora malandato apparteneva a lui.”

Una bellissima saga fantasy che ha una carica emozionale così forte da lasciare il segno. Una storia epica che si lascia amare dalla prima all’ultima pagina. Capitoli pieni di pathos, gli avvenimenti si susseguono, si incatenano non lasciando mai il morso, ma neanche appesantendo la storyline che prosegue senza intoppi.

Il tutto descritto dalla sublime penna della Maas che, come polvere fatata, ci mostra ogni minimo particolare senza leziosità, con leggiadria, come se fra le sue dita ci fossero i nostri occhi e i nostri sensi.

Non lasciatevi scappare la possibilità di trascorrere del tempo a Prythian; la amerete, vorrete quasi scendere nel campo di battaglia. Proverete gioia, ardore, struggimento. Odierete.

“Il trionfo della notte. Le stelle eterne. Lui era la tenebra, dolce e terrificante, io ero la luce scintillante che risplendeva solo grazie alla sua ombra.”

Alla prossima,

Laura

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