Titolo: Dove cade il fulmine

Autrice: Ornella De Luca

Data di pubblicazione: 17 dicembre 2018

Genere: Romantic Suspense

Modalità di pubblicazione: Selfpublishing

Romanzo autoconclusivo appartenente alla “The orphanage series”

 

The orphanage series:

  1. Adesso apri gli occhi – uscito il 6 novembre 2017;
  2. L’ultima lanterna della notte – uscito il 29 gennaio 2018;
  3. La stazione dei bagagli smarriti- uscito 4 luglio 2018;
  4. Dove cade il fulmine – uscito il 17 dicembre 2018.

 

Sinossi:

Una minaccia dal passato, una lettera d’addio, una passione al sapore del mosto.

Jack Sanders ha cancellato i ricordi della sua infanzia, relegandoli in un cassetto segreto del cuore. Conosce solo Villa Sullivan, gli amici, le responsabilità del suo impiego e le ragazze avvenenti del Rose’s Paradise, il night club dove lavora come capo della sicurezza. Eppure, fino ai cinque anni, Jack era un’altra persona. Aveva una famiglia che lo amava e che mai lo avrebbe lasciato orfano, ma una notte finita in tragedia ha cambiato il corso degli eventi. Niente potrebbe spingere Jack a scavare in un passato che non desidera riesumare, se non fosse per l’arrivo di un regalo inaspettato…

Andréa Dumont è esattamente come vorrebbe essere. Ha faticato tutta la vita per diventare la donna che è: una sommelier famosa, con abiti firmati indosso, acconciature di classe e inviti per i locali più lussuosi di Seattle. Niente potrebbe spingere Andréa a lasciare la sicurezza raggiunta, la bolla di falsità e scintillio dentro la quale si sente protetta dagli attacchi esterni, se non fosse per una lettera d’addio ritrovata in soffitta…

Nello scenario di una vecchia azienda vinicola della Napa Valley, Jack e Andréa dovranno scavare a fondo nella polvere dei ricordi per far pace col passato e sentirsi finalmente liberi. Una colpa da espiare, un segreto inconfessabile e una scatola piena di vecchi diari saranno i fili conduttori di un viaggio negli anni ’70, nelle radici dalle quali inevitabilmente si tende a fuggire, ma alle quali ritorniamo sempre, ancor più inevitabilmente. Come un fulmine attratto da un albero imponente.

Dove cade il fulmine è una storia di passioni antiche e nuove, un intreccio di vino e sangue che a tratti si confonde in un’unica terribile vendetta. Dove cade il fulmine è il quarto romanzo autoconclusivo della serie The orphanage, che segue le vicende di cinque amici, cresciuti insieme nella spettrale “Villa Sullivan”.

Recensione:

 

Care Dame di Harem, bentrovate!

Avete passato delle buone feste? Iniziamo un altro anno in cui vi terremo compagnia con le nostre recensioni. Oggi vi presento “Dove cade il fulmine” di Ornella De Luca, quarto volume della “The orphanage series”, uscito il 17 dicembre scorso in selflpublishing.

Mio compito sarà quello di incuriosirvi, la sinossi vi indica già tutto ciò che dovete sapere. In più, essendo un romantic suspense, non voglio togliervi il piacere di dipanare la fitta ragnatela di mistero che fa da perno a questa storia.

Jack Sanders, come tutti gli altri protagonisti di questa serie, è cresciuto a Villa Sullivan. È un ragazzo dalla scorza dura, scorbutico e sfrontato senza particolari interessi. Al lavoro si trasforma, però. È a capo della sicurezza di un night club, sa che molte persone dipendono esclusivamente dalla sua professionalità e lui non ha nessuna intenzione di fallire.

La sua routine e il suo autocontrollo iniziano a vacillare quando arrivano messaggi criptici e inaspettati. In primis, una cassa di vino di un’annata significativa…

“L’annata del vino: il 1993. L’ultima vendemmia. L’ultima prima della tragedia.”

E, in secondo luogo, da un bigliettino lasciato cadere casualmente sul pavimento del night club:

“Il vino mescolato al sangue è più buono.”

Jake non è sempre stato un orfano. Per i primi cinque anni di vita, ha avuto un’infanzia felice e una famiglia unita e amorevole. Ma di questi cinque anni, Jake ha cancellato ogni ricordo.

“Non sono il tipo che si crogiola nei ricordi, non so se mi spiego. Quelli belli portano solo malinconia, quelli brutti rancore e tristezza.” 

Ora, però, non può più lasciarsi tutto alle spalle. Non può ignorare la sfida che il misterioso mandante di questi doni gli ha lanciato. È tempo di tornare là dove tutto è cominciato…

Spostiamoci ora a Château du grâce, una tenuta vinicola della Napa Valley.

Ne è proprietaria Andréa Dumont. Diciamo pure che non sembra essere avvezza alla vita di campagna. Anzi, a prima vista sembra essere completamente fuori luogo. Una nota stonata composta da acconciature impeccabili e tacchi alti in mezzo alle distese sconfinate dei vigneti che la circondano.

Sia Jake sia Andréa hanno un motivo più che valido per essere lì. Sete di vendetta, il primo. Senso del dovere misto a rabbia, la seconda.

Entrambi poi non potrebbero essere più diversi. Jake è rude, al limite del cavernicolo, è un tipo che non si formalizza, presta più attenzione, invece, all’essenziale. Andréa, all’opposto, è altera, rigida, raffinata e concentrata più sulla forma.

Pur essendo all’apparenza poco affini, c’è un fil rouge lungo anni che lega le loro esistenze, intrecciandole indissolubilmente. È allora necessario far fronte comune per arrivare alla verità. Un percorso in cui, tramite diari e articoli di giornale, i nostri protagonisti verranno catapultati nel passato…

Quella che la De Luca ci regala è una storia avvincente, ricca di tensione narrativa grazie a un intreccio suggestivo e molto intricato, orchestrato e diretto con maestria.

Per tutta la lettura proverete un sentimento di trepidazione e di attesa seguendo l’evolversi delle vicende dall’esito imprevedibile.

Jake e Andrèa sono due personaggi che creano il giusto mix di esplosività e divertimento. È pur vero che, a mio avviso, la storia d’amore è stata lasciata in secondo piano rispetto al filone “suspense”. Ma è anche vero che la nascita del loro sentimento ci viene mostrata attraverso uno scambio esilarante di dispetti e punzecchiature. E sappiamo bene in cosa può sfociare questo genere di battibecchi, vero, Dame?

Ciò che ho apprezzato, inoltre, è il fatto che questi personaggi ci vengono mostrati direttamente per ciò che sono, senza l’uso del narratore, nelle loro imperfezioni, nelle loro paure, nelle loro fragilità. Insomma, la De Luca ha fatto sua la regola d’oro (e sacra, aggiungerei) dello “show, don’t tell”.

Molto buona anche l’ambientazione che risulta essere funzionale. Leggendo, vi sembrerà di perdervi fra i filari di viti, sentirete il profumo della terra e del mosto, le risate e l’aria di festa che aleggiano fra i braccianti durante e dopo la vendemmia.

Come vi ho già accennato precedentemente, la trama è molto ben congegnata con particolare cura a ogni dettaglio. Credo che non sia stato semplice tenere le fila di questo puzzle composto da mille pezzi e che spazia dal passato al presente. Ho notato una leggerissima incongruenza in uno dei capitoli finali, ma nulla di imperdonabile.

Lo stile narrativo risulta pulito, accurato, con una notevole padronanza della lingua italiana. Similitudini e immagini originali, che denotano un certo guizzo creativo. Ho solo un’unica perplessità e riguarda l’uso dei flashback. Alcuni li ho trovati superflui e ritengo che altri sarebbero risultati più efficaci se inseriti in un dialogo o come parte integrante della narrazione. Si tratta, chiaramente, di un’opinione personalissima.

Infine, voglio spendere due parole sul messaggio lanciato da questa storia. Sì, il mistero la fa decisamente da padrone, ma c’è una chiave di lettura unica che unisce tutto il romanzo. Il passato che è sinonimo di origini, che a sua volta è sinonimo di terra e radici.

Jake ha sulla schiena cicatrici a forma di albero. Albero con rami e radici. Non solo. Cicatrici che sono il simbolo di un passato che non può più rinnegare o nascondere, perché il passato indica chi siamo e a chi apparteniamo.

Eccolo, allora che lo vedremo inginocchiato a curare i grappoli di uva in quella terra che profuma di casa.

Inoltre, anche la stessa Andréa cambierà. Si spoglierà di tutti gli artifici con cui si agghinda e si maschera per rilevare la sua vera essenza.

A tal proposito, mi viene in mente una frase tratta da Il profumo del mosto selvatico che recita più o meno così: i vestiti sono come la famiglia, bisogna viverci dentro un po’ prima di sentirceli bene.

Ciò a significare che prima o poi bisogna venire a patti con il nostro passato; non è sempre facile e indolore, ma la famiglia rappresenta il nostro bozzolo, il nostro porto sicuro.

Pensiamo poi all’ambientazione scelta dall’autrice: Napa Valley. Ultimamente ho il vizio di ricercare l’origine delle parole e sapete cos’ho scoperto? “Napa” è una parola che significa casa, paese natio ed esiste addirittura una leggenda che la traduce in “ritornerete sempre”. E, in effetti, Jake e Andréa sono tornati.

Ecco, allora, che quel fulmine di tanti anni fa che aveva dato origine a una tragedia, si trasforma in una scintilla metaforica. Quella fiamma che si sprigiona dal calore di due cuori innamorati.

“Ma Jack mi rendeva imperfetta e sensibile. Mi rendeva un parafulmine per ogni scarica elettrica. Eravamo noi la scarica elettrica.”

Non mi rimane che complimentarmi con l’autrice e augurarvi buona lettura.

Alla prossima,

Francesca

STORIA