TITOLO: Un perfetto bastardo
AUTORE: Vi Keeland, Penelope Ward
EDITORE: Newton Compton
PAGINE: 346
DATA DI PUBBLICAZIONE: 05 luglio 2018
PREZZO: € 5,99 (ebook) – € 8,41 (copertina rigida)
Salve, Dame! Ho letto per voi “Un perfetto bastardo”, di Vi Keeland e Penelope Ward.
Volete sapere cosa ne penso?
E allora venite con me!
SINOSSI:
“Era una mattina qualunque, il treno era affollato e tutto sembrava noiosamente normale. A un certo punto sono stata come ipnotizzata dal ragazzo seduto vicino al corridoio. Urlava contro qualcuno al telefono come se avesse il diritto di governare il mondo. Ma chi credeva di essere con quel suo completo costoso? In effetti, gli conferiva un’aria da leader, ma non è questo il punto. Non appena il treno si è fermato, è saltato giù così in fretta da dimenticarsi il telefono, e io… potrei averlo raccolto. Potrei anche aver spiato tutte le sue foto e chiamato alcuni dei suoi numeri. Okay, potrei persino aver tenuto il telefono dell’uomo misterioso fino a che non ho trovato il coraggio di restituirlo. Così ho raggiunto il suo ufficio da snob… e lui si è rifiutato di vedermi. Ho consegnato il cellulare alla reception dell’ufficio di quel bastardo arrogante. Ma potrei, diciamo per ipotesi, avergli lasciato qualche foto sul telefono. Foto non esattamente angeliche.”
RECENSIONE
Mettete una mattina qualsiasi di un giorno qualsiasi.
Siamo in treno, nella fattispecie in metropolitana, con Soraya Venedetta e, fra tutti i passeggeri, notiamo un tipo. Bello come il sole, roba da standing ovation ormonale, per capirci.
Le persone come lui mi affascinavano. Pensavano di possedere il mondo soltanto perché erano stati benedetti dalla genetica o gli erano state date delle opportunità che li avevano elevati a una condizione economica superiore.
Ora. Il tipo in questione è tanto bello quanto arrogante, saccente e furioso col mondo intero. Trasuda potere e infamia e, se mai ve lo stiate chiedendo, questa cosa ci piace. Assai.
Scommettevo pure che era egoista anche a letto. Non che io l’avrei buttato fuori dal mio, però. Non ero mai stata con nessuno di così potente come quell’uomo, per cui non sapevo come si sarebbe comportato sotto le lenzuola.
Capite ora perché ci piace? Bene.
Non mi sarebbe dispiaciuto recitare per un giorno il ruolo di Carrie con questo Mr. Big, o in tal caso Mr. Big Prick, Mr. Gran Cazzone. Assolutamente sì, cavolo.
Fra Carrie e noi, però, non c’è solo un immenso guardaroba di distanza. Voglio dire: basta guardare lui e il suo completo sartoriale per renderci conto che, al mondo, non potrebbe esistere una donna meno adatta a lui.
C’era solo una lacuna in questa mia piccola fantasia: io non ero proprio il suo tipo. Probabilmente gli piacevano le tipe bionde smarrite e sottomesse dell’alta società, e non formose ragazze italiane di Bensonhurst dall’atteggiamento irriverente e i capelli multicolore. Con le trecce lunghe fino al sedere, sembravo un incrocio tra Elvira e Pocahontas col culo grosso. […] Tingevo le punte dei capelli di un colore diverso ogni due settimane, a seconda del mio umore. In quel momento le avevo di un blu scuro, il che significava che le cose mi stavano andando abbastanza bene. Erano rosse quando mi si doveva stare alla larga.
Potremmo quindi rassegnarci a fare “ciao ciao” con la manina ai nostri sogni di gloria, ma… avete notato il condizionale? Bene. Perché, se è destino che le cose vadano in un certo modo, siate sicure che sarà proprio così!
Il mio cuore iniziò a battere più in fretta. A quanto pareva Mr. Gran Cazzone aveva perso un pezzo di se stesso. Gli era caduto il telefono. Il suo fottuto telefono!
E che facciamo, ora? Gli corriamo dietro per restituirglielo? Lo chiamiamo per avvisarlo?
No, ovviamente. Teniamo il telefono per un paio di giorni, osserviamo minuziosamente le poche foto in galleria, chiamiamo i suoi contatti, mandiamo sms. Ovviamente, abbiamo bisogno di capire che tipo sia, no? E quale modo migliore per conoscerlo se non questo? D’altronde, per lavoro, siamo abituate a trattare con le persone!
Essere un’assistente in una rubrica di consigli di cuore non era certo il lavoro dei miei sogni, ma ci pagavo le bollette. Ida Goldman era la proprietaria di ‘Chiedi a Ida’ , una storica rubrica quotidiana. Parte del mio lavoro consisteva nel decidere, tra le domande che arrivavano, quali passare a lei. Alcune risposte selezionate erano pubblicate sulla rivista, mentre le restanti venivano postate sul suo sito. Negli ultimi tempi Ida stava cercando di addestrarmi, infatti mi aveva chiesto di rispondere ai lettori. Mentre i consigli del capo, però, erano sempre sensibili e politically correct , i miei affrontavano le questioni senza tanti giri di parole: in pratica tralasciando le stronzate. Come risultato le mie risposte non venivano mai pubblicate.
Dall’altra parte, abbiamo Graham J Morgan. Un uomo che, anche se molto giovane, ha costruito un impero.
Un uomo temprato da dolore e delusioni.
Un uomo a cui nessuno ha mai osato dire di no.
Nessuno, tranne noi.
Soraya Venedetta aveva un sorriso sincero. Un po’ sbilenco e fottutamente bello.
Per la prima volta, si ritrova davanti una donna che non lo compiace, che non si sottomette, che gli fa notare i suoi difetti. E questo gli piace. Un sacco. Tanto da piegarlo fino a fargli fare la prima mossa.
«Siamo a metà del nostro primo appuntamento, e tu mi stai dicendo – non chiedendo – di non uscire con altre persone?».
Lui si raddrizzò sulla sedia.
«Hai detto che non verrai a letto con me. Che usciremo e impareremo a conoscerci. È ancora valido?»
«Lo è».
«Bene, se io non ti scopo, non lo farà nemmeno nessun altro».
«Che romantico».
«O così o niente, per me».
«E sarà per entrambi così? Neanche tu vedrai nessun’altra?»
«Ma certo».
«Fammici pensare».
Le sue sopracciglia si arcuarono per la sorpresa.
«Ci devi pensare?»
«Sì. Ti farò sapere».
Era, senz’ombra di dubbio, la prima volta in cui Graham J. Morgan non l’aveva vinta con una donna.
Ora, purtroppo, devo fermarmi nel raccontare gli avvenimenti di questo fantastico, frizzante, spumeggiante libro.
La Keeland e la Ward si confermano, ancora una volta, maestre di questo stile ironico e passionale, dove le risate si alternano a occhi a cuoricino e a episodi di tachicardia.
Graham e Soraya sono entrambi prodotti di situazioni vissute, risultati di equazioni in cui la giustizia non ha avuto decisamente la meglio.
Simili, nonostante le apparenze, ambedue desiderosi di essere amati per quello che sono, senza fronzoli e senza finzione.
Il doppio POV ci offre la possibilità di capirli appieno e, soprattutto, di apprezzare al meglio Graham, quello vero, quello che si nasconde dietro la corazza da Scrooge.
Ho sognato, pagina dopo pagina.
Ho riso, parola dopo parola.
Ho sofferto, paragrafo dopo paragrafo.
Mi è salito, però, anche l’istinto omicida, ci tengo a dirvelo!
È una favola moderna in piena regola, anche se invece del principe azzurro abbiamo la principessa multicolor.
È Soraya a tendere le fila della storia, a mio avviso, ed è lei che, strigliata dopo strigliata, verità dopo verità, “salva” Graham dal suo mondo fatto di compiacenza, asservimento e potere.
Due facce della stessa medaglia che, alla fine dei fatti, si ritroveranno a dover scendere a compromessi con il loro vissuto per permettersi di vivere davvero.
Una storia bella e profonda, sebbene alleggerita dalla fantastica penna delle autrici, che dosano cuore e ironia in maniera sublime.
Plauso per l’epilogo, che mi ha fatto ridere fra le lacrime di commozione.
Ve lo consiglio, perché in fondo siamo tutte “ragazzine che a lezione di danza preferiscono indossare il verde fluo mentre tutte le altre indossano il rosa pastello.”
Non sapevo dove stessimo andando, ma per la prima volta decisi di non chiedermelo.
Alla prossima,
Laura
STORIA
EROS