La Musa degli incubi

Laini Taylor

Strange The Dreamer #2 (Il sognatore)

Il sognatore (Strange The Dreamer) di Laini Taylor – recensione

Fazi Editore, lainYa

14 febbraio 2019

Genere fantasy
La peggiore paura degli abitanti di Pianto si è concretizzata: nella minacciosa fortezza di mesarzio i figli degli dèi sono ancora vivi. Sarai è diventata un fantasma, mentre il Sognatore ha appena scoperto di essere lui stesso un dio dalla pelle blu, l’unico capace di fronteggiare l’oscura Minya, animata dall’implacabile desiderio di vendetta nei confronti degli umani che massacrarono la sua gente. Lazlo si troverà di fronte alla più impensabile delle scelte: salvare la donna che ama oppure tutti gli altri. Ma inquietanti misteri dimenticati chiedono di essere risolti: da dove sono arrivati, veramente, i Mesarthim, e cosa ne è stato di tutti i bambini nati nella fortezza durante il dominio di Skathis? Quando i portali dimenticati si apriranno di nuovo, mondi lontani diventeranno pericolosamente vicini e un inatteso, potente nemico arriverà deciso a spazzare via le fragili speranze di tutti, dèi e umani. Sarai, la Musa degli Incubi, conoscitrice di ogni genere di paura fin da quando aveva sei anni, sarà costretta ad affrontare orrori che neanche immaginava e ad andare oltre i suoi stessi limiti: l’esperienza le ha insegnato che l’odio e il terrore sono sentimenti facili da provocare. Ma come si fa a rovesciare l’odio, a disinnescare la vendetta? È possibile salvare i mostri, piuttosto che annientarli? In questo atteso seguito del bestseller Il Sognatore va in scena lo scontro tra distruzione e salvezza: La Musa degli Incubi conclude in modo epico l’acclamata dilogia di Laini Taylor.

Quando un sogno diventa realtà, ma non per il sognatore.

Uno dei tratti distintivi di un autore – che sia un narratore autentico, badate bene – è la capacità di evocare, dar vita a mondi possibili e “altri”, attingendo al patrimonio mitico, al bagaglio culturale e alle memorie collettive, trascinando il lettore nella suggestione, lì, tra le pagine.
Dove quel mondo diventa reale, vivo. In un genere così delicato e complesso (vale per lo YA e per il fantasy), ancora una volta questa autrice si muove con naturalezza e in modo maturo proponendo mondi fantastici ed affascinanti, popolati da dei, eroi, maghi, alchimisti e fantasmi, creature sovrannaturali e umanissime in una avventura avvincente. Non solo, Laini Taylor lascia una traccia profonda con il suo sperimentalismo linguistico e la prosa preziosissima, tanto da caricare ogni periodo di musicalità e rimandi evocativi, metaforici, muovendosi all’interno del simbolismo linguistico.
Questione di stile.
La potenza narrativa è data dall’ immaginario cui attinge, il ritmo dal periodare.
Un mondo fantastico e allo stesso tempo perfettamente credibile, animato da personaggi straordinari, che ha come protagonista un orfano speciale. In realtà è il sogno il vero protagonista. Chi può sognare e chi non può… Ma seguire il proprio sogno è inevitabile, proprio come per Lazlo Strange, perduto tra realtà e magia, amore e violenza, paura e stupore. Nella meraviglia.
Il Massacro è storia, leggenda, vero e reale spargimento di sangue. La fine di un mondo e l’inizio di un altro per gli abitanti di Pianto. Gradualmente la storia tra le storie si svela (ancora una volta funambulismi retorici per non rovinare la sorpresa meravigliosa del plot), la storia di Pianto, così tragica e sublime da sembrare una invenzione di Lazlo, una delle sue fiabe… L’età degli dèi ha lasciato dopo secoli di dominio tracce profonde, cicatrici, incubi, come segni di odio impressi nella memoria di una città dimenticata.
Odio inesauribile, inestirpabile. La ribellione ma non la salvezza, non la libertà per un popolo sprofondato nella nebbia dell’ oblio e nell oscurità.
Cinque sopravvissuti nella fortezza, giovani, con un dono e una regola: nessuna prova di esistenza.
Sopravvissuti al Massacro vivendo di stenti, nascosti agli umani, per quindici anni.
 Feral Ladro di Nubi, Sparrow Strega Orchidea, che sente il pulsare della vita nelle cose e lo nutre per farle crescere, quasi la personificazione di Primavera, Ruby Falò, passionale e ardente come un incendio fuori controllo, Minya inquietante bambina priva di innocenza, traghettatrice ostile di anime e poi Sarai. La Musa degli incubi.
Nome rubato, cielo rubato. Bambini rubati, anni rubati. Uomini e Mesarthim divisi tra cielo e terra, dall’odio e dalla paura, da una realtà impossibile da accettare. Incapaci di sperare , perdonare, amare e…sognare.
Il sentimento come forza primitiva, come puro istinto e intuito, ha legato due giovani. Come falene nella notte oscura che si orientano e vivono senza riferimenti, sostenute solo dall’intuito, si cercano disperatamente, si muovono nella certezza di trovare quel che si cerca. La luce nel buio e nel buio la luce. La luce, la conoscenza dei segreti del mondo, la verità, saranno dolorose. Come falene eteree che cercano il sole ma temono di bruciarsi. Stretti nel sonno e smarriti nell’amore, hanno osato sfidare i confini della vita e della

Ora non c’è la nebbia del sonno ma dell’oblio.
Non ci sono sogni ma ricordi.
Brandelli di un futuro incerto.

È crollata la fortezza.
È svanita l’illusione.
È caduto il velo di Maya che avvolgeva Pianto.

Tutto è sospeso da quando la fortezza si è inclinata.

«Siamo liberi». Liberi. Quella parola cantava. Volava. La immaginò prendere forma come una delle sue falene e librarsi scintillando nell’aria.
Gli aveva salvato la vita, e lui non era riuscito a salvare la sua. Era impensabile che la perdesse di nuovo. «Che cosa stai dicendo?», le chiese con voce roca. Sarai udì la sua sofferenza. La voce di Lazlo era straordinaria. Era così roca e pervasa di emozione. Le faceva l’effetto di una stoffa, come la dolce carezza di un palmo calloso, nel quale lei avrebbe voluto accoccolarsi e lasciarsi accarezzare per sempre. Invece, si costrinse a pronunciare parole aspre. Il terrore del dissolvimento pulsava ancora dentro di lei, ma fu assolutamente sincera quando disse: «Preferirei l’evanescenza piuttosto che essere la tua rovina e la morte di Pianto».

Quattro dèi smarriti e un nuovo temibile dio, fabbro. E artefice dei destini.
Un’ombra ostaggio.

Cresce l’intensità, si alza l’asticella del pathos.

Siamo rimasti con il fiato sospeso dopo la conclusione de Il Sognatore, ora riprendiamo da dove abbiamo lasciato con due sfortunati amanti, l’umanità in pericolo e un nuovo eroe, suo malgrado.

Sarai viveva e respirava incubi da quando aveva sei anni. Per quattromila notti aveva esplorato le lande oniriche di Pianto, assistendo a orrori e creandone. Lei era la Musa degli Incubi..Ma Sarai non era pronta e l’aveva percepita come un dissolvimento – come se lei fosse stata una goccia di sangue nell’acqua, o un chicco di grandine su una tiepida lingua rossa. Il mondo aveva tentato di dissolverla, di scioglierla e riassorbirla. E… qualcosa glielo aveva impedito…era quasi dissolta nel nulla, e invece eccola, reale e concreta e a casa. Malgrado tutti i sogni di fuga che aveva fatto, adesso la fortezza le sembrava un rifugio.

Minya esige vendetta, l’odio muove le sue azioni, rendendola folle di furore, di cieca ira, come burattinaio spietato dei destini di Lazlo e Sarai.
Sarai è nelle sue piccole, crudeli, mani imbrattate di sangue e morte.
Lazlo è riuscito a domare il maestoso mostro alato Rasalas, a piegare il mesarzio, il misterioso metallo blu che vivifica la cittadella, a forgiare il proprio destino ma… non a salvare Sarai.

Mentre Sarai svaniva dal suo abbraccio, lo capì: avrebbe potuto soltanto combatterlo. Dichiarare guerra all’impossibile. Guerra alla mostruosa bambina che aveva di fronte. Niente di meno della guerra. Ma… come poteva combatterla, quando lei aveva in pugno l’anima di Sarai…Ecco quello che Minya conosceva: avere un nemico, essere un nemico. Odiare coloro che ti odiano. Odiarli meglio. Odiarli peggio. Essere il mostro che temono di più. E, ogni volta che puoi, nel modo che puoi, farli soffrire

Collera contro collera, volontà contro volontà. La guerra è ovunque, non esiste più un “noi” contro “loro”. Ognuno è il peggior nemico di se stesso, la memoria è il più crudele carnefice. Sopratutto se labile ed evanescente, come i sogni che sembrano ingannare anche chi li governa.
Tra luce e ombra, giorno e notte, violiamo lo spazio dei sogni, all’alba o al crepuscolo. Così la Taylor scandaglia i grandi misteri di Pianto, delle anime.
Il confine labile tra bene e male.
La volontà di Minya è spietata, fende ogni possibilità di perdono come una lama forgiata dalle urla di dozzine di neonati agonizzanti, affilata dalle urla strazianti e temperata nel sangue innocente, come una spada incandescente che sibila immersa nell’acqua, come pianto stridulo e disperato di vittime pure.

Amore e odio. Nel mezzo restano il sacrificio e la scelta. Questa forse è la lezione più amara e bella della saga. C’è spazio per il sentimento, quello del perdono e del desiderio struggente, della passione e del rimpianto, perché nella desolazione e nella paura si annida, timida, la speranza.

Lazlo si chinò in avanti e sfiorò con le labbra una stella. Sarai provò un brivido. Le stelle erano sulla sua pelle… La sua voce era bassa, calda e setosa e anche Lazlo arrossì. Questa era realtà. Non era un sogno, un filo srotolato fra di loro attraverso lo spazio. Era lui di fronte a lei e le sue mani stringevano il suo corpo fantasma. Non sarebbero stati strappati l’uno all’altra dal sorgere dell’alba

Due nuovi personaggi ci mostreranno nuovi volti dell’amore, in una lezione struggente, in un modo incredibilmente straziante. Due sorelle ci insegneranno quanto è forte l’amore, fino a dove può spingersi. Come fuoco che brucia. I Mesarthim non sono ‘Servitori’ comuni, sono maghi-soldato dell’impero che custodiscono un talento, uno soltanto, sepolto in loro, in attesa come braci che aspettano un soffio d’aria, un’abilità quiescente pronta a risvegliarsi al tocco del metallo divino.
Intanto si svelano, lentamente, dolorosamente i segreti di Pianto. Così oscuri e misteriosi. Così sepolti nel passato. Nell’inconscio e nell’oblio.

Una storia che si intreccia alla storia di Sarai e Lazlo, esistenze che si intersecano per tessere un ordito fitto, intricato e meraviglioso, per sciogliere dubbi e districare le questioni in sospeso, lasciando risposte complesse e agognate. Per restituire contorni più nitidi ai leggendari Mesarthim, sbrogliando la matassa di inquietanti dubbi

Qualsiasi fosse il mistero rappresentato dal diagramma, sbiadiva di fronte a questo: avevano trascorso tutta la loro vita nella fortezza, chiedendosi degli altri – non delle due dozzine di fratellastri uccisi nel Massacro, ma di quelli che erano scomparsi prima. Nei due secoli di dominio dei Mesarthim, dovevano essere esistiti migliaia di loro. «Gli altri bambini», disse Lazlo, guardando i volti seri intorno a lui

Pianto è la città del dolore, della violenza e del senso di colpa. Eppure Lazlo e Sarai hanno seminato la speranza, come una forza irrefrenabile, pura e libera, come il loro amore impossibile. Contro tutti, per tutti. A costo di tutto.

I Serafini. Mistero e credo. Un segreto oscuro, inspiegabile, taciuto, che si rivela in modo drammatico. I lettori che hanno imparato ad amare questa autrice e conoscono già i suoi scritti coglieranno sparsi qua e là sapientemente disseminati indizi di un unico incredibile e grandioso disegno, riferimenti e rimandi puntuali ad un universo creativo sconfinato.
Quasi come la biblioteca nascosta nel grembo di Pianto, quasi fossimo anche noi lettori o alchimisti un po’ bibliotecari. Davanti a noi si spalanca un immaginario complesso e ricchissimo, un mondo fantastico cui attingere in modo inesauribile.

Quello era un livello di stupore completamente nuovo.

Narratrice esperta, la Taylor intreccia parole e immagini, per raccontare una storia dalla portata ampia e dall’intensità sorprendente, emozionante ad ogni livello di interpretazione del testo.

Muse of Nightmares è semplicemente, meravigliosamente perfetto.
La capacità inesauribile dell’autrice di affascinare il lettore consente di tessere una trama complessa e ricchissima, in cui si collegano i destini di personaggi indimenticabili, dalla personalizzazione spiccata, in un ordito fittissimo impreziosito dall’ambientazione epica, grandiosa.
In un crescendo continuo accompagneremo Lazlo nella sua ricerca fino alla rivelazione finale, una missione disperata e struggente; affiancheremo il tragico eroe Eril-Fane nel percorso di dolorosa redenzione, sciogliendosi in un abbraccio dalla umanità toccante, arrendendosi ad un amore tenace e devoto; seguiremo Sarai nel compiersi fatale del suo destino, come una donna che impara a trovare la sua identità, nuova e diversa. Paradossalmente ora, da ombra, nel momento in cui rischia di perdersi, svanire e smarrirsi, afferma con vigore le sue scelte, le sue azioni che determinano chi è, con un segno tangibile, impresso a fuoco, per sempre, più di un elilith, il tatuaggio che onora le donne con il suo inchiostro, figurando la loro forza vitale e generatrice.

I personaggi giganteggiano per complessità e carisma , valorizzati dalla prosa limpida e preziosa che presenta tratti di lirismo e nel registro tocca punte di tragico e sublime quando raggiunge la drammaticità mai esasperata, enfatica (appassionata, sostenuta) non enfatizzata (eccessiva, ridondante).
Epico nel senso di eroico: in questa dilogia fatti, situazioni, scelte e luoghi, assumono tratti così chiaroscurali e drammatici da evocare il senso dell’eroico, del leggendario. Tutto è grandioso, sublime, onirico.

D’altronde, “l’uomo è il sogno di un’ombra” (Pynd., Pitica VIII, w. 95 sg.).
Siamo effimeri come ombre e fantasmi, siamo nulla e sogno, finché un lampo – divino – ci sorprende e ci dona la vita.
Una storia semplicemente meravigliosa ed emozionante, un viaggio indimenticabile, tra simbolismo e umanità.
Parole e immagini potenti, una autrice che, come delicatissimo demiurgo, con un tocco lieve attinge al suo immaginario inesauribile per regalarci un sogno breve come un battito d’ali.
Un libro che è un sogno.
Indimenticabile.

Saffron

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